Quaranta anni fa, il 9 aprile 1974, il Consiglio regionale della Toscana sanciva ufficialmente la cancellazione del nuovo aeroporto di Firenze San Giorgio a Colonica che stava per entrare nella mappa degli scali nazionali, troncando un iter durato venti anni, interrompendo il normale sviluppo dell’aviazione in Toscana, scegliendo uno scalo (sbagliato) ai danni di un altro (invece che far crescere entrambi in un sistema possibile) e dando di fatto il via alla “questione aeroportuale” arrivata irrisolta fino ad oggi, in un assetto aeroportuale del tutto anomalo che non ha mai avuto uguali per la sua stortura in nessun’altra regione, in Italia o all’estero.

La storia è ben nota, raccontata ed evocata infinite volte (dall’apposita legge statale di finanziamento dell’opera al progetto esecutivo approvato e gli espropri ormai in corso) e non è certo il caso di riproporla. Vale la pena però ricordare questo anniversario nel momento in cui, dopo quarant’anni, le istituzioni che governano ai vari livelli gli enti toscani ancora non riescono a trovare la volontà vera di rimediare (anche se ormai possibile solo parzialmente) a quella scelta assurda, colmando per quanto ancora attuabile la carenza di infrastrutture aeroportuali della regione. Ancora oggi il fronte del no (all’aeroporto dell’area fiorentina-pratese-pistoiese e della Toscana centrale) è pronto a perseverare nello stesso errore di allora, cavalcando tesi senza senso infarcite di falsità, strumentalizzazioni, allarmismi infondati e doppiopesismi che negano ogni logica di sistema.

Quel che avrebbe dovuto essere l’aeroporto di Firenze San Giorgio a Colonica e con esso il sistema toscano nel sistema nazionale e europeo ovviamente non è più recuperabile. Nel 2014 ormai avanzato però, quarant’anni dopo quel 1974, sarebbe interessante sapere se chi di dovere, nell’interesse pubblico dei cittadini (utenti, lavoratori, abitanti), trova il coraggio di decidere qualcosa di concreto per il potenziamento delle infrastrutture indispensabile e ancora fattibile o continua a rifuggire dalle proprie responsabilità nascondendosi dietro iter politico-urbanistici e diversivi gestionali e societari.

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