26/09/2018 – Per fare un sistema aeroportuale servono gli aeroporti, intesi come infrastrutture “normalmente” adeguate dove poter far atterrare gli aerei (piste) e dove gestire i passeggeri (terminal)… Il concetto lapalissiano, che ricordiamo a chi di bisogno da una quarantina d’anni e da ricordare oggi a esponenti governativi poco informati e mal consigliati, agli autori di stravaganti dossier anti-opere e ai reduci e nostalgici anti-aeroporto degli anni ’70 del secolo scorso, appare in tutta la sua evidenza in giornate come queste, quando uno scalo (questa volta il “Galilei” di Pisa) va in tilt, per cause di forza maggiore.
L’emergenza incendio che ha colpito il territorio pisano, a nord dello scalo, costringendo alla totale chiusura ai voli civili nel pomeriggio di ieri e per buona parte della giornata odierna, è naturalmente un evento eccezionale (si spera che lo sia e lo rimanga!) per la sua violenza, intensità ed estensione, anche se grandi incendi sul monte Serra e dintorni non sono purtroppo una rarità. E la direzione del vento, da nord, che richiedeva obbligatoriamente l’uso della direttrice di decollo verso la città e i monti pisani, ossia verso l’area interessata dall’incendio (dalle sue colonne di fumo e dalle operazioni dei mezzi aerei antincendio) ha fatto il resto, portando alla decisione obbligata del blocco dell’attività civile.
Ma in questa eccezionalità, la cancellazione dei voli sul “Galilei” è stata totale: nessuno dei 38 arrivi programmati nella fascia oraria di chiusura, per stare solo ad oggi (ma sono stati coinvolti anche voli fuori fascia di chiusura), ha potuto essere gestita dal “sistema toscano”, spostando l’atterraggio su Firenze, perché ovviamente quasi tutti i voli interessati erano operati con velivoli (soprattutto modelli di Boeing 737 e Airbus A320 nelle versioni a maggiore capienza) non compatibili con l’attuale pista del “Vespucci” e i suoi 1.455 metri disponibili per l’atterraggio; perché con l’attuale orientamento di pista e con le condizioni di vento di questi giorni sarebbe stato comunque poi difficile o impossibile ripartire dallo scalo fiorentino per le penalizzazioni esistenti nei decolli verso nord e monte Morello); perché la capacità limitata dello scalo fiorentino nell’attuale assetto (a cominciare dai piazzali di sosta aeromobili) avrebbe consentito di accogliere poco traffico dirottato. Quindi l’alterativa alla cancellazione sarebbe stata il dirottamento del volo fuori regione, minimo a 200 o 300 km da Pisa (Bologna o Genova).
Non che la disponibilità di un’altra pista adeguata nella regione porti automaticamente ad utilizzarla in caso di dirottamenti, perché ogni vettore ha poi propri metodi di gestione di situazioni come queste, dipendenti da vari fattori operativi, ma certamente con un sistema aeroportuale regionale vero (fatto di infrastrutture aeroportuali normalmente funzionali) una buona parte dei voli avrebbe potuto essere garantita (pur con ritardi per dirottamento), senza lasciare a terra o costringere a lunghi trasferimenti via terra forzati migliaia di passeggeri.
Va ricordato peraltro che se situazioni come quelle di questi giorni sono eventi improvvisi ed eccezionali, usuali sono invece ogni inverno le giornate di chiusura del “Galilei” di Pisa per bassa visibilità (banchi di nebbia, tipici per la vicinanza al mare e la conformazione dei terreni attorno allo scalo). Situazioni che ogni volta ripropongono l’evidenza della carenza di sistema in Toscana (carenza di capacità nelle infrastrutture aeroportuali), che non consente di gestire entro la regione queste evenienze. Il quadro ha ovviamente anche valenza ribaltata, cioè quando ad andare in tilt è il “Vespucci” di Firenze per tutte le note criticità derivanti dall’attuale assetto di pista e dall’incidenza su tale assetto di ogni minimo fenomeno atmosferico. Evenienza, a Firenze, oggi molto frequente e proprio per questo più problematica per il sistema regionale attuale, perché lo scalo di Pisa, pur potendo accogliere per capacità di piste tutte le tipologie di velivoli “fiorentini”, in realtà li accoglie solo in parte per carenza di spazi (sopratutto piazzali), occupati dal proprio traffico, costringendo quindi ogni volta a dirottamenti fuori regione di molti voli diretti al “Vespucci”.
Per chiudere questa riflessione (su cui dovrebbero riflettere i nuovi e distratti inquilini dei palazzi romani), che gli eventi siano eccezionali o usuali, è evidente come anche una regione come la Toscana non possa fare a meno di attrezzare con infrastrutture di volo adeguate e funzionali più aeroporti, cioè entrambi gli scali di Firenze e Pisa, per avere perlomeno due infrastrutture funzionali che possano supportarsi in caso di bisogno, secondo quella che dovrebbe essere una vera logica di sistema.