Seguendo le evoluzioni degli aeroporti toscani abbiamo raccontato tante volte nel materiale informativo dell’Associazione la vicenda della delocalizzazione dello storico borgo di via Cariola e via Carrareccia per permettere l’ampliamento dell’aeroporto di Pisa e risolvere il problema ambientale delle case affacciate su piste e piazzali di sosta degli aeromobili. Una vicenda decennale, nei piani di sviluppo del “Galilei” fin dai primi anni 2000, in fase realizzativa dal 2014 e che oggi per la prima volta è stata oggetto di una presentazione ufficiale alla presenza del Governatore della Toscana Enrico Rossi e dei vertici e rappresentanti delle istituzioni locali, di ENAC e Toscana Aeroporti.
In sintesi, l’operazione che si sta avviando a conclusione ha previsto il trasferimento di 50 famiglie e la demolizione di 44 abitazioni con i relativi tracciati stradali appartenenti al borgo di via Cariola la cui area viene ora inglobata nel sedime aeroportuale. L’intervento è stato possibile grazie alla collaborazione tra enti locali (Regione Toscana e Comune di Pisa), ministeri dei Trasporti, della Difesa e dell’Economia, ENAC e ente gestore dell’aeroporto proponente l’intervento (la SAT, ora Toscana Aeroporti). L’opera “accessoria” al piano di sviluppo dello scalo ha richiesto un investimento di 16,5 milioni di euro, per circa l’80% coperto da finanziamenti pubblici (ENAC e Regione) e per il 20% dalla società aeroportuale.
La vicenda pisana è sempre stata importante e emblematica sotto vari punti di vista nella questione aeroportuale toscana e per questa ragione più volte negli anni l’abbiamo posta all’attenzione. È stata la dimostrazione di come le cose si possano fare quando si vogliono fare anche a fronte di impatti consistenti per raggiungere benefici generali importanti (per lo sviluppo dell’aeroporto e la salvaguardia degli stessi abitanti). È stata la dimostrazione di come le istituzioni locali possano supportare lo sviluppo di un’infrastruttura strategica anche a fronte di costi rilevanti per effetti sul tessuto urbano, il territorio, la pianificazione urbanistica, il tessuto sociale e i cittadini (oltre al costo economico). L’operazione fatta a Pisa dimostra come siano legittime e fattibili opere accessorie importanti legate a progetti aeroportuali e come tali opere possano essere supportate da finanziamenti pubblici. Tutto questo per consentire lo sviluppo di uno scalo aereo come quello di Pisa, che mantiene i voli sulla città e sul parco (Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli); un aeroporto localizzato a ridosso del tessuto urbano cittadino, con porzioni di abitati ricompresi entro tutte le zone di rischio aeroportuale (A, B, C, D) approvate dagli enti competenti, collocato in un’area dal delicato assetto idrogeologico con cui fare i conti. Tutti aspetti gestiti senza strumentalizzazioni né drammatizzazioni ma come normali questioni da affrontare e risolvere al meglio per l’attuazione dei progetti nell’interesse pubblico generale.
Quello attuato a Pisa è il modello di politica aeroportuale costruttivo e positivo che abbiamo sempre chiesto a enti e istituzioni per l’intera Toscana ogni volta che evidenziavamo la politica “dei due pesi e delle due misure” che ha caratterizzato per decenni la vicenda aeroportuale della nostra regione. Sull’esempio di Pisa e in particolare sulla delocalizzazione di case a abitanti dovrebbe riflettere chi nel passato e ancora oggi costruisce la propria battaglia contro lo scalo fiorentino nascondendosi dietro lo spostamento di un fosso, una strada o un laghetto artificiale.
Sta arrivando finalmente a soluzione l’annosa questione delle 50 famiglie che, in seguito al graduale ampliamento dall’aeroporto di Pisa, sono rimaste con le loro 44 abitazioni “intrappolate” tra il sedime dell’aeroporto (con gli aerei a pochi metri dalle abitazioni) e la superstrada Firenze-Pisa-Livorno. Per queste famiglie è stata da tempo decisa la “delocalizzazione”, cioè il trasferimento in un’altra località, sia per eliminare il disagio al quale sono sottoposte, sia per ampliare ulteriormente l’aeroporto. Adesso, grazie all’impegno della società di gestione, degli enti locali e quelli aeronautici e dei ministeri competenti, si sono trovati i finanziamenti necessari (circa 16,5 milioni di euro) e si stanno predisponendo gli ultimi accordi per avviare il trasferimento, che dovrebbe avvenire nel giro di tre anni. I fondi giungeranno dallo Stato (10 milioni), grazie al “Decreto del Fare”, dalla SAT (3 milioni), dalla Regione Toscana (3 milioni) e dall’Aeronautica Militare (0,5 milioni).
Apprezzando il fatto che finalmente si risolva un probema così grande e che lo scalo aereo pisano possa procedere con il suo ampliamento previsto dal masterplan aeroportuale, non si può non evidenziare nuovanente il differente modo di gestire le questioni aeroportuali di Firenze e Pisa da sempre portato avanti dalle amministrazioni locali. A Pisa, riconosciuto da tutti il fondamentale ruolo dell’aeroporto per il sostegno e lo sviluppo dell’economia locale, si procede con gli interventi di potenziamento progettati dal gestore SAT con l’appoggio di tutti ed anche a prezzo di interventi pesanti, come quello della “delocalizzazione” di 44 famiglie. A Firenze ogni passo viene ostacolato e messo in dubbio da parte delle stesse amministrazioni e viene sottoposto ad infiniti studi e verifiche che rallentano ogni decisione. A Firenze si pretende che le spese connesse allo sviluppo dell’aeroporto ricadano interamente sulla società di gestione (anche quando riguardano adeguamenti esterni), mentre a Pisa vengono (giustamente) utilizzati anche finanziamenti pubblici, come sta avvenendo per la realizzazione del people mover e per la “delocalizzazione”. Una situazione che purtroppo di fatto continua a negare in Toscana una vera politica di sistema nel campo delle infrastrutture aeroportuali.