A qualche settimana dalla comparsa ufficiale nella questione aeroportuale toscana del gruppo argentino Corporacion America, con la sua disponibilità a acquisire le quote dell’aeroporto di Pisa offerte dagli azionisti locali, si susseguono commenti quasi entusiastici e carichi di speranza, come se nell’arrivo del potenziale nuovo azionista privato della SAT fosse stato identificato il passaggio risolutore della vicenda tutta toscana. La settimana scorsa lo stesso presidente della Regione, nella sua dura replica al gestore dello scalo fiorentino ADF dopo la presentazione del masterplan con due ipotesi di pista, ha dichiarato di confidare nella creazione di questi nuovi assetti societari per consentire il proseguimento dell’iter della variante al PIT e quindi le decisioni definitive sulla nuova pista di Firenze.
Ebbene, in questo scenario appare essenziale che ogni possibile avvicinamento della Corporacion America al sistema aeroportuale toscano e soprattutto un eventuale approccio anche all’ADF di Firenze debba essere preceduto da chiare spiegazioni e rassicurazioni su quali siano in concreto i progetti del gruppo argentino per gli scali toscani, al di là di una semplice acquisizione di quote societarie. Rassicurazioni doverose anche in considerazione delle operazioni aeroportuali impostate finora da tale gruppo, operazioni andate a buon fine in vari paesi del Sud America e in Armenia, ma per ora poco finalizzate oltre tali ambiti (di fatto si è avuto solo l’ingresso nella AirGest di Trapani). A Salerno, ad esempio, l’offerta nella gara di privatizzazione del locale gestore aeroportuale (che dovrà attuare l’allungamento della pista a circa 2.000 metri e provare una forma d’integrazione con lo scalo di Napoli) è saltata per divergenze nelle condizioni e nelle richieste poste nella tempistica e nelle modalità di attuazione dell’investimento. Si sono chiuse con un nulla di fatto anche le trattative per l’aeroporto di Milano Linate (per l’aviazione generale), Brescia e Verona (con la società Catullo) e per il sistema aeroportuale portoghese.
Avere rassicurazioni da Corporacion America appare ancora più necessario in uno scenario anomalo come quello toscano, con situazioni ben diverse in cui il nuovo soggetto dovebbe muoversi, diverse sotto tutti i punti di vista. A Pisa, infatti, si troveranno una strada spianata da progetti già in corso o tutti decisi, dal supporto incondizionato di tutto il sistema istituzionale locale, da criticità gestite per quelle che sono e non strumetalizzate per creare percorsi a ostacoli, da finanziamenti pubblici in supporto di importanti progetti (people mover e delocalizzazione del nucleo abitato limitrofo allo scalo), da una procedura di project financing che copre gran parte dei costi del maggiore progetto in corso (people mover). Quindi l’impegno richiesto (economico e non solo) potrebbe essere relativo, sostanzialmente inquadrato in un ulteriore miglioramento degli interventi previsti per il terminal civile dello scalo.
A Firenze, invece, come ben noto, la situazione da affrontare sarebbe ben diversa. Come valutano, in Corporacion America, il “clima particolare” che permane da sempre attorno allo scalo fiorentino e il caos attorno alla questione essenziale della pista? Più in concreto: sono disposti a investire per la pista del “Vespucci” nei termini posti dalla Regione Toscana con la variante al PIT (per dimensione e vincoli) ai quali il gestore – quindi anche il gruppo argentino – si dovrebbe attenere? Oppure ritengono necessaria la pista di 2.400 metri e hanno avuto assicurazione che con un diverso gestore del progetto tale opera sia approvata da Regione e holding? O magari, al contrario, sanno che, fatta la holding, la pista di Firenze potrà essere accantonata dal nuovo gestore unico che deciderà di non fare più tale investimento inglobando lo scalo fiorentino così com’é nella strana entità “aeroporto Pisa/Firenze” apparsa nell’ultima proposta di Piano Nazionale Aeroporti?
Su questi punti deve essere fatta totale chiarezza prima di qualunque decisione, ossia prima che gli attuali azionisti di ADF, soprattutto quelli in qualunque modo legati al nostro territorio, possano prendere in considerazione l’ipotesi di cedere proprie quote. Se la cosa evolve con le massime garanzie per la realizzazione della nuova pista e la sua corretta valorizzazione, ben venga qualunque nuovo soggetto investitore che partecipi al progetto. Gli aspetti societari di per sé ci interessano il giusto (cioè molto poco) e ci riguardano ancor meno. Ci interessa molto, invece, che lo scalo fiorentino possa funzionare correttamente, perché ciò rappresenta l’interesse pubblico del nostro territorio. Quindi, senza garanzie certe per le sorti dello scalo fiorentino, meglio evitare altri giochi di società.
Tra le argomentazioni più insensate riemerse nell’attuale fase di picco delle polemiche aeroportuali toscane c’è la solita tesi di un “Vespucci” che con la nuova pista diventerebbe un doppione dello scalo di Pisa e ambirebbe a diventare uno scalo intercontinentale. Tesi rilanciata in riferimento all’ipotesi di nuova pista di 2.400 metri, in questi giorni anche dallo stesso presidente della Regione, ma che in molti dei contestatori hanno sempre rivolto anche alla versione minima di 2.000 metri.
Provando a stare nel merito della questione, disinquinata dai condizionamenti politici e similari in corso, è bene ricordare che l’aeroporto di Pisa ha due piste di 2.993 metri (la principale) e 2.736 metri (la secondaria). Quindi la pista principale di Pisa è attualmente 593 metri più lunga della massima lunghezza ipotizzata da ADF e ENAC per il “Vespucci” di Firenze e 993 metri più lunga della versione minima di 2.000 metri. Divario dimensionale che aumenterà ulteriormente nelle distanze operative dopo il progetto di riconfigurazione in atto per la pista principale di Pisa che incrementerà tali distanze (circa 265 metri). Dati oggettivi che dicono quanto sia la differenza dimensionale che rimane in ogni caso tra i due scali toscani e quanto sia falsa la tesi dell’infrastruttura “doppione” (fermo restando che esistono varie regioni che hanno due o più scali con piste anche oltre i 2.800 metri e altre che le hanno in programma con allungamenti di piste esistenti senza che ciò abbia mai costituito alcuno scandalo).
Con la nuova pista quindi il “Vespucci” di Firenze in ogni caso resterebbe ben lontano dalla dimensione necessaria per la reale capacità intercontinentale, adeguata cioè ad ospitare regolari voli di tale tipo, dimensione che dovrebbe arrivare almeno verso i 2.800 metri. Infatti, per portare l’aeroporto di Bologna alla capacità intercontinentale è stato effettuato un allungamento da 2.400 a 2.800 metri e la stessa dimensione è stata raggiunta a Bari; l’aeroporto di Rimini, che da alcuni anni ospita charter regolari effettuati con Boeing 747-400 “Jumbo” da 350 posti ha una pista di 2.963 metri; Taranto, per accogliere i voli merci intercontinentali a supporto del locale polo industriale aeronautico ha prolungato la pista da 1.900 a 3.000 metri; gli aeroporti di Lamezia Terme e Olbia hanno in progetto il prolungamento delle piste a 2.800-3.000 metri per raggiungere capacità intercontinentale (il primo per accogliere velivoli privati di grandi dimensioni, il secondo per aprire lo scalo ai charter intercontinentali) e piani similari interessano altri aeroporti. Con 2.000 o 2.400 metri di pista che sia, quindi, il “Vespucci” non diviene uno scalo intercontinentale né tantomeno un’infrastruttura doppione rispetto a Pisa (o Bologna) e Pisa e Bologna, con le loro piste di 2.800-3.000 metri resteranno resteranno gli aeroporti regionali a capacità intercontinentale del centro Italia (assieme a Genova e Rimini).
Avere una pista a capacità intercontinentale, comunque, non significa di per sé essere un aeroporto intercontinentale, nel senso che in ogni caso ciò dipende dalla localizzazione dell’aeroporto e del bacino d’utenza da servire e di certo non da ruoli posti per atto politico (in Italia ci sono varie piste oltre i 2.800 metri che non vedono voli intercontinentali, perché non c’è ragione di attivarli). Infatti, anche il Piano Nazionale Aeroporti, nelle varie versioni che si sono susseguite, identifica come poli intercontinentali italiani oltre ai due hub di Fiumicino e Malpensa il solo scalo di Venezia, perché esso combina infrastrutture adatte (pista di 3.300 metri, nuova pista in previsione) con una primaria attrattiva internazionale della città e del bacino principale direttamente servito che ne giustificano il ruolo di terminale per voli a lungo raggio.
Ieri sera, dopo che ADF ha reso note le decisioni del consiglio di amministrazione con la doppia ipotesi di pista (una di 2.000 ed una di 2.400 metri), il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha rilasciato questa dichiarazione in un comunicato stampa: «Prendo atto della decisione del Cda dell’aeroporto di Firenze. L’idea di inviare all’ENAC due ipotesi della nuova pista e una sola ipotesi al Consiglio regionale è un’evidente contraddizione. Per quanto mi riguarda, l’iter dell’approvazione della variante al Pit dovrà fermarsi e, nel caso dovesse arrivare all’esame del Consiglio, voterei contro. Aspetto l’insediamento dei nuovi assetti societari, annunciati dalla stampa, per aprire il confronto e accelerare le procedure per l’integrazione tra i due scali, di Pisa e Firenze».
Parole pesanti ma prevedibili, che sentenziano il blocco della procedura per la nuova pista, il rinvio dell’approvazione del PIT e, addirittura, la subordinazione della ripresa delle procedure ad un momento successivo all’insediamento dei “nuovi assetti societari”. Se il presidente Rossi, con quest’ultima allusione, si riferisce alle manovre in corso con Corporacion America, è evidente che i tempi si allungheranno a dismisura, dato che l’interesse del gruppo argentino per l’aeroporto di Firenze è ancora tutto da verificare e, eventualmente, da tradurre in pratica, con i tempi immaginabili. Oltretutto, l’interesse di Corporacion America per Firenze non può che essere subordinato all’approvazione della pista che renderebbe il “Vespucci” veramente interessante per l’investimento.
La vicenda dell’aeroporto di Firenze negli ultimi mesi, quando teoricamente si ipotizzava un barlume di soluzione, si è avvitata su una serie di avvenimenti uno più strano dell’altro che sembra allontanare sempre più la realizzazione della nuova pista:
– l’ENAC, dopo anni di trattative per una pista di 2.000 metri, improvvisamente indica in 2.400 metri la lunghezza ideale per gli aerei di riferimento dello scalo;
– il ministro dei Trasporti Lupi presenta la bozza del nuovo Piano Nazionale Aeroporti che, per quanto riguarda la Toscana, contiene l’assurdo di un “aeroporto” che si chiama “Pisa/Firenze”: unico caso in Italia in cui per fare un aeroporto strategico vengono uniti due “mezzi aeroporti” che da soli non possono ambire al ruolo di “strategico” per le loro rispettive carenze.
– nella stessa bozza di Piano Nazionale Aeroporti l’inserimento tra gli scali strategici del mostro aeroportuale a due teste “Pisa/Firenze” non è più assoggettato alla condizione della realizzazione della nuova pista a Firenze, ma all’unificazione delle due gestioni aeroportuali;
– l’improvvisa apparizione sullo scenario aeroportuale toscano dell’investitore armeno-argentino Eurnekian, che con la sua Corporacion America “accetta l’offerta”, così recita il comunicato stampa, fattagli da alcuni azionisti della SAT per cedergli il 24% delle quote dello scalo pisano. Quindi, sembra di capire, non è stata la Corporacion a cercare l’aeroporto di Pisa, ma viceversa? .
– il consiglio di amministrazione dell’ADF che, cosa a nostra memoria mai vista, presenta un masterplan con due piste, lasciando ad altri (ENAC e Regione) la scelta;
– infine, l’immediata uscita del presidente Rossi con la minaccia di fermare tutto finché il “Vespucci” non sarà sotto il controllo della holding (invece che portare in fondo, per quanto di competenza regionale, per lo meno l’iter della pista di 2.000 metri).
Dobbiamo ammettere che a questo punto anche per noi che seguiamo la questione aeroportuale da quasi 40 anni è difficile capire cosa stia succedendo. È difficile capire quanto tutto questo stia accadendo solo per una cattiva, o colpevole, gestione della faccenda da parte delle varie parti in causa e quanto ci sia di altro. Senza dubbio le forze in campo che, soprattutto sottotraccia, si battono da sempre contro il potenziamento dell’aeroporto sono tante e potenti, dagli ambienti aeroportuali e politici pisani (in questa fase molto vicini al governo centrale) a quelli bolognesi (anch’essi molto potenti e forti di un masterplan aeroportuale da dieci milioni di passeggeri), ai rappresentanti politici dei comuni della piana (nessuno dei quali in realtà interessato dal traffico dell’eventuale nuova pista), fino ad arrivare alla Regione Toscana che, non lo dimentichiamo, negli ultimi decenni, fino alla svolta apparente più recente oggi di nuovo in forse, è stato il maggior oppositore dell’aeroporto di Firenze in difesa degli interessi dello scalo pisano. E l’elenco potrebbe continuare.
Ma anche sul fronte opposto, quello dei favorevoli alla pista, esistono delle colpe per come è stata gestita (o non gestita) tutta la questione. Dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, al quale va riconosciuto il merito di aver riaperto la questione nuova pista e senza il quale non saremmo qui a parlarne, che poi però non è sembrato molto presente nel difendere la questione nelle sedi opportune, alla stessa ADF, gestore dello scalo, che appare da sempre molto debole ed incerta nel portare avanti le proprie posizioni e da sempre offuscata dalla politica del “basso profilo” che ha lasciato campo libero alle tesi e alle sciocchezze di molti oppositori, fino ad arrivare alla città, dalla quale sono sempre state poche le voci a farsi sentire in concreto in difesa dell’aeroporto.
Continueremo a seguire la questione sia su questo blog, e ancor più sul nostro notiziario “Aeroporto”, ma la sensazione è quella di essere davanti ad un grande gioco delle parti, nel quale vari attori si siano dati da fare solo per dimostrare che la volontà c’era, che l’impegno ci è stato messo, ma che in realtà non c’è nessuna volontà di arrivare ad una soluzione e di “disturbare” gli equilibri aeroportuali delineati nei primi anni ‘70.
Corporacion America, gruppo multinazionale del miliardario armeno-argentino ottantaduenne Eduardo Eurnekian, ha annunciato nei giorni scorsi l’acquisto del 23,4% del capitale azionario della SAT, gestore dell’aeroporto di Pisa. Cedicor, la holding di controllo di Corporacion America, ha infatti comunicato di aver accettato la proposta pervenuta da Finatan Spa, Fada Spa e Savimag Srl che offrivano le loro quote in SAT, rispettivamente del 15,314%, 4,039% e 4,039%.
Era da tempo che negli ambienti economici si parlava dell’interesse di Corporacion America per gli scali toscani di Firenze e Pisa e risulta che lo stesso Eurnekian, come è solito fare, avesse visitato entrambi gli aeroporti per rendersi conto di persona delle due realtà. Secondo le indiscrezioni, infatti, Corporacion America potrebbe entrare anche nell’aeroporto di Firenze (ma sarà fondamentale il via alla nuova pista per rendere lo scalo “appetibile”) e l’ingresso dell’imprenditore argentino andrebbe quindi ad intrecciarsi con l’ipotesi della creazione della holding di controllo tra i due aeroporti.
Il gruppo argentino si sta interessando agli scali italiani ormai da diversi anni e trattative ed offerte sono state portate avanti con vari gestori in tutta la penisola ma, fino ad ora, l’unica ad andare in porto era stata quella con la AirGest di Trapani. Corporacion America aveva espresso interesse per gli aeroporti di Ancona, Bologna, Brescia, Genova, Milano Linate (per la sola ATA che gestisce l’aviazione generale), Salerno, Verona e per l’intero sistema aeroportuale siciliano (Palermo, Catania, Comiso, Pantelleria e Lampedusa, oltre a Trapani). Le trattative per Brescia, Linate, Salerno e Verona non sono andate a buon fine, mentre le altre sono ancora in piedi. Ancora in precedenza il gruppo argentino aveva fatto affari con Giuseppe Bonomi, ex presidente della SEA di Milano (che aveva acquistato l’8,5% del capitale di Corporacion America), e con la compagnia aerea Volare (nella quale Corporacion America acquistò una quota), poi fallita.
Corporacion America ha sede in Argentina e controlla, o detiene significative quote azionarie, in 51 aeroporti in tutto il mondo. Oltre a 33 scali in Argentina, controllati tramite la Aeropuertos Argentina 2000, il gruppo è presente nella gestione di scali in Armenia, Brasile, Ecuador, Italia, Perù e Uruguay. La presenza in alcuni scali è diretta, in altri sono state create delle joint venture con società locali. Tra le aziende controllate figurano anche società per la gestione delle merci, per l’handling ed il catering.
Ieri il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi ha presentato al governo la nuova (ennesima) versione del Piano Nazionale degli Aeroporti che adesso prevede per il sistema aeroportuale nazionale 11 aeroporti strategici e 26 aeroporti di interesse nazionale. Per il bacino Centro-Nord, che comprende la Toscana, sono selezionati due scali strategici (Bologna e Pisa/Firenze) e tre di seconda fascia (Parma, Rimini e Ancona).
La prima stranezza, che mortifica la Toscana certificandone la storica e ben conosciuta carenza infrastrutturale, è che la nostra regione è l’unica in Italia che per fare un aeroporto strategico deve mettere insieme due “mezzi aeroporti”, Pisa e Firenze, entrambi penalizzati dalla situazione infrastrutturale (il primo base militare con pochi spazi di crescita, oltre che distante dal principale bacino di traffico regionale; il secondo in attesa di una nuova pista) e nessuno dei due in grado, da solo, di ambire a scalo strategico.
Ma la cosa che più preoccupa è che da questa ultima versione del Piano Aeroporti è scomparsa la clausola dei precedenti documenti che, allo scopo che i due aeroporti toscani potessero rimanere tra gli scali strategici, poneva come condizione la realizzazione della nuova pista di Firenze. Tale clausola è stata sostituita da una nuova che recita: “a condizione, relativamente ai soli scali di Pisa e Firenze, che tra gli stessi si realizzi la piena integrazione societaria e industriale”, condizione rimarcata dalla istituzione di un bizzarro “aeroporto Pisa/Firenze”, senza più alcuna menzione per la questione pista. Ci auguriamo che il progetto, fondamentale per il “Vespucci” di Firenze, sia comunque contemplato nei piani del governo, ma quanto successo non è un segnale positivo e prendiamo atto che le indicazioni del ministro si siano “appiattite” sull’impostazione costruita in Toscana dall’asse Regione-SAT.
In attesa che la cosa si chiarisca, vale la pena far notare a commentatori entusiasti ma un po’ frettolosi e distratti che per avere un sistema aeroportuale funzionale – a qualcuno sembrerà strano – servono prima di tutto strutture dove gli aerei possano atterrare e decollare. E che, indipendentemente da quale sia la forma gestionale, che esista o meno la holding o una società unica, chiunque sia l’azionista pubblico o privato e checché venga scritto in piani e accordi più o meno politici e proclamato in dichiarazioni e commenti da presidenti, sindaci, assessori, sottosegretari o ministri, non cambia di una virgola la priorità assoluta per la costruzione di un vero sistema aeroportuale toscano: avviare al più presto l’iter concreto per realizzare la nuova pista dell’aeroporto di Firenze!
Link all’anticipazione del nuovo Piano Nazionale degli Aeroporti
Un clima di nebbia fitta accompagna l’aeroporto di Firenze nel 2014. Non è, ovviamente, la nebbia meteorologica che pur ha caratterizzato il fine anno con il picco prolungato di inizio dicembre e i momenti critici che si sono susseguiti in questi giorni scombussolando voli e spostamenti anche nel periodo delle feste natalizie. È la cappa di nebbia politico-burocratica che continua ad avvolgere il “Vespucci” e ad oggi, se si guarda oltre i flash di periodici annunci e auspici, non lascia ancora intravedere sviluppi concreti per il futuro dello scalo fiorentino e reali segnali di cambiamento nella politica aeroportuale toscana.
Il 2014 riprende con la cortina di nebbia di una holding politica tra gestori aeroportuali imposta come vincolo al via libera al progetto della pista fiorentina. Holding ancora inevitabilmente indefinita e lontana nel tempo, minata alla base dalle “dichiarazioni d’intenti” e dalle campagne contro la pista di Firenze provenienti proprio da vari enti che di tale holding sarebbero promotori. Holding che, per come finora delineata, continua ad apparire più che altro un tentato esproprio dell’aeroporto di Firenze al gestore ADF (e ai suoi azionisti) e che, se non ricondotta nei giusti termini, resta il vero ostacolo alla soluzione dei problemi dello scalo fiorentino e del sistema aeroportuale toscano.
Il 2014 inizia, così come è finito il 2013, nella nebbia di una politica aeroportuale regionale che continua ad essere anti-sistema, sempre improntata alla logica dei due pesi e delle due misure su ogni aspetto inerente la questione degli scali aerei. Da una parte l’aeroporto di Firenze, tenuto fermo con ogni tipo di scusa che blocca qualunque decisione e che si appresta a perdere anche il 2014 in passaggi politico-burocratici carichi di ennesimi studi, controstudi, commissioni, percorsi partecipativi, audizioni, ecc. ecc. Dall’altra parte l’aeroporto di Pisa, che ha carta bianca su tutto e continua fare quel che vuole il proprio gestore senza dover sottostare a nulla di tutto ciò: sposta case, trasferisce abitanti, smantella rami ferroviari, allunga piste, vola sulla città e sui cittadini, vola sul parco, su oasi e aree protette senza che ciò susciti la minima richiesta di alcunché e col pieno supporto e consenso espresso in coro da tutti (e senza che alcun progetto sia vincolato alla costituzione della holding).
Il 2014 riparte nella nebbia di un iter politico-urbanistico – la famigerata variante al PIT – che ha ingabbiato da anni la nuova pista di Firenze in un esercizio accademico senza tempo, che con il carico di vincoli e prescizioni riversato sull’aeroporto – se non alleggerito – costruisce (forse) un vago sì che di fatto significa un no e che comunque continua ad avere tempi di approvazione in continuo slittamento e tuttora indefiniti. Il 2014 partirà con il riavvio delle assurde polemiche su 400 metri di nuova pista in più o in meno, cioè su come e quanto poter arginare politicamente le potenzialità dello scalo fiorentino (e quindi del sistema toscano), così come tutta la prima metà degli anni ’90 fu persa in altrettanto assurde polemiche sull’allungamento di 400 o 250 metri della pista esistente.
Si potranno diradare tutte queste nebbie artificiose che incombono sul 2014? Certamente si, se ce ne fosse la volontà vera (di tutti…), così come poteva e doveva essere fatto da tanti anni: mettendo fine all’iter della variante al PIT portandola subito all’approvazione finale del Consiglio Regionale, troncando sul nascere ogni ulteriore divagazione accademico-politico-burocratica; presentando davvero il masterplan aeroportuale, illustrandone pubblicamente caratteristiche ed effetti (in risposta alla sarabanda anti-pista proseguita per tutto il 2013) e avviandone immediatamente il normale iter approvativo presso gli enti competenti; svincolando il via libera politico definitivo al progetto della pista di Firenze dalla holding e lasciando che tale questione gestionale prosegua pure con i tempi e le modalità opportune, ma senza più condizionare il futuro dello scalo fiorentino; unificando una volta per tutte la politica aeroportuale regionale con regole, valutazioni, procedure, attenzioni e metri di giudizio validi per tutti allo stesso modo.
Altrimenti si smetta di prendere in giro i cittadini e di sperperare risorse in iter inutili e nel 2014 si abbia il coraggio di dire definitivamente no all’aeroporto di Firenze e al sistema toscano, assumendosi la responsabilità di reiterare le scelte folli di quaranta anni fa e di quel che ciò significa per il futuro della Toscana.
Buon anno a tutti…
Da oggi, dopo trent’anni di operatività, è stato definitivamente soppresso il collegamento ferroviario diretto tra l’aeroporto di Pisa e la stazione di Firenze, per consentire lo smantellamento della stazione ferroviaria Pisa Aeroporto e dei binari che la univano alla stazione centrale pisana, allo scopo di realizzare, sulla stessa tratta, il nuovo people mover, sistema di trasporto automatizzato.
Il servizio ferroviario diretto tra Firenze e lo scalo pisano era stato avviato nel settembre 1983, proprio dopo il completamento del raccordo ferroviario di circa 1,3 km tra stazione e aerostazione di Pisa e della fermata ferroviaria presso lo scalo e dal gennaio 1988, per una decina di anni, era stato anche attivo un “Air Terminal” della SAT (gestore del “Galilei”) presso il binario 5 della stazione di Firenze S.M.Novella. Progetti realizzati in seguito alla decisione della Regione Toscana, nel 1974, di bloccare la costruzione del nuovo aeroporto di Firenze S.Giorgio a Colonica e di dirottare alla ferrovia per Pisa gli otto miliardi di fondi statali destinati allo scalo fiorentino.
Il servizio, in trent’anni, non ha mai funzionato efficacemente per l’obiettivo che avevano prospettato i promotori, ossia l’idea dello scalo di Pisa quale soluzione aeroportuale adeguata per l’area fiorentina, nonostante una spesa di centinaia di miliardi (di lire) per il potenziamento della linea. Ciò per i vizi che minavano alla base tale soluzione: l’eccessiva distanza da coprire, circa 80 km tra lo scalo pisano e Firenze (in nessuna parte del mondo è mai esistita una navetta ferroviaria aeroportuale su simili distanze); i conseguenti elevati tempi di percorrenza (circa un’ora); le caratteristiche della linea, che è la principale direttrice ferroviaria regionale, funzionale principalmente al traffico pendolare tra il capoluogo e la costa.
Tale situazione di inadeguatezza è stata sempre testimoniata dallo scarso numero di utenti fruitori della stazione di Pisa Aeroporto e dei convogli che la raggiungevano, rendendo di fatto la tratta pisana stazione-aerostazione un “ramo secco” nella rete ferroviaria regionale. Proprio per la consapevolezza di questo scenario, nel tempo i treni diretti Firenze-Pisa Aeroporto erano già stati ridotti nelle frequenze, rendendo necessario nel maggior numero di corse la discesa a Pisa Centrale e il trasbordo sulla navetta ferroviaria per l’ultimo tratto fino all’aerostazione. Quindi, nell’ambito del masterplan aeroportuale, è maturato il progetto della SAT per la sostituzione dei binari ferroviari con quelli automatizzati del people mover, secondo il progetto da 68 milioni di euro in fase di avvio.
Dopo trent’anni quindi la connessione ferroviaria diretta con l’aeroporto pisano non è e non sarà più possibile. Tutti i treni provenienti dalla direttrice tirrenica e dalla Toscana centrale si attesteranno alla stazione centrale di Pisa, dove si effettuerà il cambio di mezzo per raggiungere l’aeroporto (provvisoriamente su bus, in attesa dell’attivazione della nuova navetta, previsto entro il 2015). Rispetto al treno, col people mover aumenterà leggermente il percorso (circa 1,8 km), rimarrà invariato il tempo di percorrenza minimo (circa 5 minuti), le corse saranno più frequenti (una decina ogni ora) ed effettuate con mezzi a minore capienza, sarà introdotta una fermata intermedia nella connessione cittadina stazione-aerostazione a Pisa (rispetto alla tratta finora diretta) e, come detto, diverrà obbligatoria la “rottura di tratta” in stazione nei collegamenti da Firenze.
In ottica di sistema aeroportuale regionale, si manterrà sostanzialmente invariato il tempo di percorrenza complessivo da Firenze all’aeroporto di Pisa (circa un’ora) e il nuovo assetto non varierà il grado di funzionalità dello scalo pisano per l’area fiorentina, mantenendo le criticità derivanti dall’eccessiva distanza, evidenti oggi così come negli anni settanta e ottanta.
Interveniamo solo oggi sulle polemiche innescate dalle osservazioni al PIT presentate dall’Ente Nazionale Aviazione Civile avendo avuto solo adesso la possibilità di esaminare il documento originale. L’ENAC nel suo intervento spiega che per una piena utilizzazione delle famiglie di aeromobili di riferimento per il ruolo assegnato all’aeroporto di Firenze sarebbe più opportuna la realizzazione di una pista di 2.400 metri invece che di 2.000 ed invita a procedere con l’approvazione del PIT stralciando i riferimenti alla lunghezza della pista e le limitazioni imposte alla realizzazione delle infrastrutture di supporto (via di rullaggio).
Quanto accaduto appare in effetti un po’ strano e ha preso di sorpresa un po’ tutti (anche noi). Naturalmente adesso ognuno sta interpretando il fatto a proprio modo. I contrari alla pista hanno ulteriore motivo per agitarsi, i favorevoli si dividono tra quelli che sono d’accordo per fare una pista più lunga e quelli che, dopo decenni di immobilismo e contrarietà da parte delle amministrazioni locali, si accontenterebbero di una pista di soli 2.000 metri. C’è inoltre chi insinua che si tratti di un’uscita studiata ad arte ed animata dai contrari alla pista per creare altra confusione e rallentare ulteriormente tutto l’iter. Pur concordando sulla stranezza dei modi e dei tempi per l’esternazione di queste osservazioni, non si può non condividere nel merito quanto sostenuto da ENAC e in attesa di capire come evolverà la situazione si possono intanto fare alcune considerazioni.
Prima di tutto, anche se sappiamo tutti che c’è stato un veto politico che prevede di limitare la lunghezza della nuova pista a soli 2.000 metri per non penalizzare lo scalo di Pisa che, sempre per decisione politica, deve rimanere il maggiore aeroporto toscano, ciò non toglie che un organismo tecnico, come quello dell’ENAC, svincolato dalle questioni politiche toscane e abituato a trattare quotidianamente di potenziamento di aeroporti in tutta Italia abbia il dovere di segnalare quello che, dal punto di vista tecnico, appare un assurdo.
L’assurdo è che, una volta deciso di affrontare l’inventimento per la realizzazione di una nuova pista, avendo a disposizione terreni liberi per oltre quattro chilometri (prima di arrivare agli ostacoli autostradali di Firenze Ovest) e avendo l’invidiabile situazione di poter costruire una nuova pista senza andare ad impattare aree abitate (400 metri in più o meno che sia), non si capisce perché questa dovrebbe essere limitata a soli 2.000 metri, sufficienti per eliminare le penalizzaizoni operative e le ricadute ambientali della pista attuale, ma non sufficiente per garantire un futuro sviluppo a lungo termine dell’infrastruttura. Questo di mestiere fa l’ENAC: garantire lo sviluppo degli aeroporti (e quindi delle economie e dei posti di lavoro locali) anche a lungo termine.
Detto questo a livello tecnico e dal punto di vista dell’interesse pubblico, dell’occupazione e dell’economia regionale, poi sappiamo tutti quale sia l’evoluzione che ha portato all’impostazione dell’attuale PIT con la pista “minimale” di 2.000 metri. E quindi la domanda è: perché mai, dopo anni di colloqui, studi e incontri solo adesso sorge questo attrito tra ENAC e Regione sulla lunghezza della pista? Finora di che si è parlato? Non si poteva essere più chiari fin dall’inizio?
Sta arrivando finalmente a soluzione l’annosa questione delle 50 famiglie che, in seguito al graduale ampliamento dall’aeroporto di Pisa, sono rimaste con le loro 44 abitazioni “intrappolate” tra il sedime dell’aeroporto (con gli aerei a pochi metri dalle abitazioni) e la superstrada Firenze-Pisa-Livorno. Per queste famiglie è stata da tempo decisa la “delocalizzazione”, cioè il trasferimento in un’altra località, sia per eliminare il disagio al quale sono sottoposte, sia per ampliare ulteriormente l’aeroporto. Adesso, grazie all’impegno della società di gestione, degli enti locali e quelli aeronautici e dei ministeri competenti, si sono trovati i finanziamenti necessari (circa 16,5 milioni di euro) e si stanno predisponendo gli ultimi accordi per avviare il trasferimento, che dovrebbe avvenire nel giro di tre anni. I fondi giungeranno dallo Stato (10 milioni), grazie al “Decreto del Fare”, dalla SAT (3 milioni), dalla Regione Toscana (3 milioni) e dall’Aeronautica Militare (0,5 milioni).
Apprezzando il fatto che finalmente si risolva un probema così grande e che lo scalo aereo pisano possa procedere con il suo ampliamento previsto dal masterplan aeroportuale, non si può non evidenziare nuovanente il differente modo di gestire le questioni aeroportuali di Firenze e Pisa da sempre portato avanti dalle amministrazioni locali. A Pisa, riconosciuto da tutti il fondamentale ruolo dell’aeroporto per il sostegno e lo sviluppo dell’economia locale, si procede con gli interventi di potenziamento progettati dal gestore SAT con l’appoggio di tutti ed anche a prezzo di interventi pesanti, come quello della “delocalizzazione” di 44 famiglie. A Firenze ogni passo viene ostacolato e messo in dubbio da parte delle stesse amministrazioni e viene sottoposto ad infiniti studi e verifiche che rallentano ogni decisione. A Firenze si pretende che le spese connesse allo sviluppo dell’aeroporto ricadano interamente sulla società di gestione (anche quando riguardano adeguamenti esterni), mentre a Pisa vengono (giustamente) utilizzati anche finanziamenti pubblici, come sta avvenendo per la realizzazione del people mover e per la “delocalizzazione”. Una situazione che purtroppo di fatto continua a negare in Toscana una vera politica di sistema nel campo delle infrastrutture aeroportuali.
Eurocontrol, l’Organizzazione Europea per la Sicurezza della Navigazione Aerea, ha lanciato un allarme sulla carenza di capacità degli aeroporti europei, che non saranno in grado in futuro di far fronte al previsto sviluppo del traffico aereo. Nonostante la crisi in atto nel continente europeo, infatti, il trasporto aereo continuerà a crescere e si stima che nel 2035 il numero dei voli in Europa arriverà 14,4 milioni annui, il 50% in più di quelli registrati nel 2012. A causa della scarsa capacità aeroportuale e della lentezza dei piani di sviluppo degli scali, Eurocontrol calcola che ci saranno circa 1,9 milioni di voli annui in più rispetto alla capacità prevista per il 2035, con crescenti casi di congestione, ritardi dei voli, disagi per i passeggeri, danni economici per tutta la catena di operatori e ripercussioni economiche sulla comunità. I danni economici vengono stimati, al 2035, in 40 miliardi di euro l’anno di mancati introiti, cinque miliardi di costi per far fronte ai problemi di congestione e in un impatto economico sulla comunità europea pari a 230 miliardi di perdita di Prodotto Interno Lordo.
La Toscana, purtroppo, è un esempio emblematico di questa situazione e del rischio che corre l’economia regionale se non si darà veloce attuazione ai progetti di sviluppo che riguardano i due maggiori aeroporti di Firenze e Pisa. La nostra regione, infatti, vede da una parte l’aeroporto di Pisa, con le limitazioni di essere un’importante base militare e di avere pochissimi spazi di crescita, e dall’altra l’aeroporto di Firenze, assolutamente insufficiente e inadeguato a far fronte al suo ruolo senza la nuova pista. Il messaggio per i nostri politici e decisori pubblici è chiaro: procedere celermente con lo sviluppo dell’aeroporto di Pisa (che ha un ottimo masterplan) per portarlo gradualmente alla sua massima capacità e realizzare la nuova pista di Firenze nel più breve tempo possibile. I progetti dell’aeroporto pisano stanno procedendo celermente (anche con il supporto di finanziamenti pubblici) con il totale appoggio di enti e istituzioni, mentre la procedura per il via libera alla nuova pista di Firenze (dibattuta da decenni) si sta allungando a dismisura, avversata da una parte di enti e istituzioni locali che dovrebbero invece guardare alla crescita ed al benessere di tutta la realtà toscana.