22/2/2020. A conclusione della settimana che ha seguito la sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato lo stop all’iter del masterplan del “Vespucci”, letti i relativi documenti resi pubblici, fatte (un po’) decantare rabbia e sconcerto generale, steso un velo pietoso su chi ha fatto festa e su chi continua a esultare nella sua beata inconsapevolezza o irresponsabilità di fronte alla gravità di ciò che è successo o ha fatto succedere nei confronti della comunità, proviamo anche questa volta a fare qualche considerazione. Considerazione non tanto sulle sentenze in sé, cui accenneremo ma per le quali non si può che ripetere quanto già espresso in seguito al pronunciamento del TAR della Toscana nel maggio 2019 (Sentenza TAR: in nome di chi e in base a cosa?), rispetto alle quali la sentenza attuale è una sorta di fotocopia, rafforzata da ulteriore dose di sconcerto per come sia stato possibile arrivare all’attuale situazione. Proviamo a fare qualche considerazione sul nuovo atto della farsa aeroportuale fiorentina e toscana che stiamo vivendo, a fronte di un progetto come la nuova pista 12/30 che mantiene intatta la sua fattibilità, sostenibilità e necessità certificata da tutti i soggetti tecnici responsabili e competenti (oltre che da logica e buon senso per chi conosce l’attuale situazione dello scalo e il territorio).
1 – Prima di tutto, per riassumere, ricordiamo che i documenti contenenti le sentenze del Consiglio di Stato resi noti lo scorso 13 febbraio sono cinque, relativi ai ricorsi contro le sentenze del TAR della Toscana presentati in varia forma dagli enti nazionali responsabili delle procedure attuate, cioè dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dal Ministero per i Beni Culturali e dall’ENAC, e da Regione Toscana, Città Metropolitana di Firenze, Comune di Firenze oltreché da Toscana Aeroporti.
Il Consiglio di Stato ha confermato quindi il pronunciamento del TAR toscano accogliendo di nuovo le motivazioni (non tutte) portate in origine da sei comuni (Calenzano, Campi Bisenzio, Carmignano, Poggio a Caiano, Prato, Sesto Fiorentino) e da un raggruppamento di associazioni e soggetti vari della piana fiorentina e dell’area pisana, contro le ragioni portate in rappresentanza di un’area metropolitana, una regione e uno Stato, oltreché dal soggetto che gestisce in concessione le infrastrutture pubbliche degli scali di Firenze e Pisa per conto dello Stato e secondo norme nazionali (anche progettuali e procedurali) dettate e verificate dallo Stato e applicate a entrambi gli scali (come a tutti gli scali italiani).
2 – Le sentenze sono nel complesso un “malloppo” di 399 pagine, anche se, come già era stato per quelle del TAR, più o meno in tutti i cinque documenti si ripetono le stesse ricostruzioni dei fatti, le stesse argomentazioni, interpretazioni e giudizi. Giudizi ribaditi, assecondando il TAR, nonostante in molti passaggi, sui temi più rilevanti, venga riconosciuta la correttezza delle argomentazioni portate dai ministeri e dagli altri ricorrenti a difesa del lavoro fatto nell’approvazione del masterplan. Per citarne due, la questione VAS-VIA, ossia la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione Impatto Ambientale, con decine di pagine dedicate a filosofeggiamenti su quale debba venire prima o valere sull’altra, concludendo col riconoscere la validità delle argomentazioni portate a difesa di quanto fatto, ma poi dando comunque ragione al TAR! Discorso simile per il livello di progettazione sottoposto a VIA, con lunghe disquisizioni su come debba essere interpretata la cosa, il riconoscimento delle ragioni a difesa di quanto fatto, che peraltro corrisponde a quanto sempre fatto per ogni masterplan aeroportuale d’Italia, ma poi di nuovo il giudizio finale sceglie il TAR.
Oppure la questione del giudizio sul peso delle prescrizioni allegate alla VIA, che ci sono sempre, in ogni procedura, dettate con gli stessi principi adottati per Firenze, con approfondimenti progettuali e valutativi posti in fasi del percorso verso la realizzazione dell’opera successive all’emanazione dei decreti VIA. Ma per Firenze ciò che vale per gli altri aeroporti a livello nazionale evidentemente non è andato bene ed è stata data ancora ragione all’interpretazione del TAR e dei soggetti “contro”. Con il proponente dell’opera (Toscana Aeroporti) che si ritrova così vittima due volte: prima per aver dovuto fare uno sforzo enorme per impostare e avviare il lavoro di ottemperanza delle 70 prescrizioni poste dai due ministeri e dalla Regione Toscana, delle quali, ricordiamo, nell’ambito dei lavori dell’Osservatorio Ambientale ne erano state già affrontate e chiuse una ventina; quindi per sentirsi dire da un altro organo dello Stato che è tutto da rifare perché qualcuno ha deciso di interpretare quello stesso quadro prescrittivo non più valido, nonostante il lavoro svolto nell’Osservatorio Ambientale (creato proprio secondo una delle prescrizioni e con atto ministeriale) e in sede di Conferenza dei Servizi, con decine di soggetti coinvolti locali, regionali e nazionali che avevano dato all’intero progetto un’approvazione largamente prevalente.
Che altro si può aggiungere su questo? Nulla, se non ribadire, da cittadini spettatori, il più grande sconforto per meccanismi istituzionali che possono portare a costruire situazioni come quella in cui per ora è stata ricacciata la vicenda dell’aeroporto di Firenze, sconforto però non solo e non tanto per le sorti dell’aeroporto, ma per un paese dove si riesce a produrre tutto questo.
3 – In che situazione quindi si deve considerare a questo punto la vicenda aeroporto? Sui tavoli, negli uffici, sui computer, a Firenze e a Roma, resta in primo piano il masterplan con la nuova pista 12/30 in tutta la sua validità che nessuna sentenza ha messo di per sé in discussione (né TAR, né Consiglio di Stato), con tutto il corollario di opere territoriali e ambientali che, se e quando fosse consentito di fare, porterebbero i noti benefici generali per la piana e l’area metropolitana, per i territori e i cittadini “risanati” dagli attuali impatti. Opere e benefici dettagliatamente descritti nelle centinaia di documenti prodotti in quattro anni di procedure dall’inizio della VIA (marzo 2015) alla chiusura della Conferenza dei Servizi (febbraio 2019).
In pratica, tanto per riflettere ulteriormente, abbiamo in stato di congelamento, con procedura approvativa e autorizzativa costretta a ritornare alla casella di partenza per interpretazioni procedurali e cavillosità, un progetto arrivato a fine iter con una mole di studi e valutazioni enorme, contenenti accorgimenti ambientali che a volte, nel raccontarli negli anni su questo blog o sul nostro notiziario nella loro evoluzione, abbiamo definito “maniacali” o da “accanimento terapeutico”: dalla sistemazione e protezione degli habitat dei chirotteri nelle grotte sulla Calvana, agli speciali contenitori progettati per tutelare la microfauna dall’attacco di eventuali predatori in caso di caduta accidentale nelle buche della rete di sondaggi da fare sulla piana per le verifiche della presenza di ordigni bellici che deve precedere ogni opera… tanto per citare due su centinaia di accorgimenti grandi e piccoli messi in campo. E solo chi ha letto davvero i documenti della procedura completata può rendersi conto di cosa era stato messo in campo!
Ricordiamo questo perché nel circo anti-aeroporto di Firenze che si è di nuovo scatenato in questa settimana assistiamo a un rinnovato delirio di falsità e di commenti per titoli o slogan totalmente ignari (volutamente o no) della realtà delle cose, che dipingono progetti cancellati, piste bocciate, pietre tombali su Firenze, masterplan da rifare, studi mai fatti e amenità simili. Mentre nel mondo reale, per la situazione tratteggiata fin qui, saranno purtroppo da rifare procedure già fatte, nel più classico gioco dell’oca che mai come in questo caso vale quale modello procedurale adottato nella questione fiorentina, ma su un progetto pista (12/30) certificato valido in ogni modo, in ogni sede e che tale resta.
Come e quando ripartire per realizzarlo, rifacendo quanto già fatto, sarà decisione prima di tutto di Toscana Aeroporti e del suo principale azionista, in coordinamento poi con i soggetti locali e nazionali coinvolti, ma quella resta l’opera da fare se prima o poi si vuole risolvere la questione aeroportuale dell’area fiorentina (con tutto ciò che significa) e creare davvero il sistema aeroportuale toscano. Certo adesso il piano di investimenti che era stato delineato su di esso dovrà essere rivisto, il traino di Firenze per la creazione di risorse da reinvestire nel sistema (anche su Pisa) non potrà essere quello preventivato e vedremo cosa potrà essere fatto, per ora, per valorizzare le infrastrutture che ci sono, consapevoli che le principali criticità dello scalo fiorentino e del sistema aeroportuale toscano, per ora, rimarranno tali, finché non ci sarà modo di avere due scali attrezzati e funzionali con tutte le opere previste.
4 – Parlando del circo anti-aeroporto cui abbiamo di nuovo assistito in questi giorni, non si può fare a meno di dedicare qualche considerazione allo spettacolo offerto dal mondo politico anche in questo frangente, da sinistra a destra e da destra a sinistra passando per territori, campanili, orticelli, ideologie e guerricciole di partito o schieramento. Da una parte il centro-sinistra, che si porta dietro la maggiore responsabilità concreta per la situazione che si è creata, con i sei sindaci promotori dei ricorsi. Nel corso delle procedure sul masterplan un comune come Signa, inizialmente parte del fronte del no a sette, coinvolto per alcune opere compensative e presente come gli altri nell’Osservatorio Ambientale tramite la Città Metropolitana, ha partecipato in modo costruttivo alla Conferenza dei Servizi e ha raggiunto (aveva raggiunto) importanti accordi per il suo territorio e i suoi cittadini: la spinta alla realizzazione del ponte sull’Arno, la relativa quota di finanziamento da Toscana Aeroporti, la nuova area naturale in zona “Il Piano”, che era anche cassa di espansione per la messa in sicurezza idraulica del territorio, e il parco previsto attorno in connessione con l’area naturale dei Renai. Gli altri sei sindaci no: hanno mantenuto la loro linea da lotta continua, gioendo per i mancati benefici conseguenti allo stop del masterplan che hanno ottenuto. Sindaci in rappresentanza di opposizioni territoriali entro la maggiore forza della compagine (PD) e delle ataviche anime anti-aeroporto più a sinistra, nostalgiche di tutto l’armamentario di assurdità anni ’70 del secolo scorso nella questione aeroportuale toscana che, pur minoritarie nello schieramento, sono tornati alla carica un po’ in tutte le sedi (sulla stessa linea di un Movimento 5 Stelle che era e resta sempre incommentabile sulla vicenda aeroporto).
Dall’altra parte il centro-destra, che pare lavorare per bruciarsi un’altra tornata elettorale di nuovo sul tema dello scalo fiorentino, con le continue contraddizioni generate dalle uscite simil-sinistra anni ’70 contro l’aeroporto di Firenze e il rinfocolare di spiriti campanilistici da parte di suoi esponenti toscani (della costa ma non solo) ripartite lo scorso anno e reiterate in questi giorni, le sparate anti-aeroporto di esponenti dell’area fiorentina per battaglia territoriale e scivoloni anti-aeroporto partoriti anche a Firenze (nei consigli comunali di questi giorni) per semplice spirito di battaglia politica a prescindere, con voci personali ma fuori luogo su temi tanto importanti per la comunità.
La cosa che più sgomenta ascoltando le voci politiche variamente anti-aeroporto (dai vari schieramenti) è il sentir ripetere argomentazioni del tutto sbagliate, frutto ancora di non conoscenza di progetti, atti, documenti e della realtà della vicenda, o che dovrebbero essere archiviate per sempre (soluzioni ferroviarie, aeroporti lontani, riapertura di dibattiti e polemiche del secolo scorso). Dai comitati “contro” di cittadini e soggetti variamente interessati, che si autoalimentano di disinformazione, si possono anche sentire. Da rappresentanti di istituzioni proprio no. Si può essere politicamente contro l’idea di aeroporto nell’area fiorentina (inconcepibile ma legittimo) ma non lo si può fare raccontando istituzionalmente cose surreali e prendendosi gioco dei cittadini.
Ora più che mai, quindi, da qui alle elezioni regionali di maggio, sono da verificare bene le posizioni messe in campo. Favorevoli (maggioritari) e contrari (minoritari) all’aeroporto di Firenze ci sono più o meno in entrambi gli schieramenti, così come persone credibili e “incredibili”. Indipendentemente da come la si pensi, occorre quindi rifuggire da chiunque strumentalizzi gli ultimi sviluppi per riportare all’anno zero anche la stagione delle discussioni e guardare a chi prende posizioni chiare, senza “se” e senza “ma”, rispetto al masterplan e alla nuova pista da realizzare. Da queste opere per il “Vespucci” (assieme al masterplan di Pisa) deve riprendere il percorso verso la realizzazione reale del sistema aeroportuale toscano, non certo dal se, come, dove, quando e perché all’area fiorentina possa servire un aeroporto.
5 – Se alla politica toscana si chiedono chiarezza e certezze, altrettanto deve arrivare da Roma e dal Governo. Un buon segnale è stato dato nelle ore scorse da ENAC, con l’invito a Toscana Aeroporti a riprendere al più presto il percorso verso la realizzazione del masterplan e della nuova pista. Il che ci indurrebbe a supporre che nessuno abbia intenzione di toccare il ruolo strategico dell’aeroporto di Firenze (assieme allo scalo di Pisa) riconosciuto nel Piano Nazionale Aeroporti vigente, che il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti sta modificando (anche se una ufficializzazione chiara e rassicurante in tal senso dall’attuale ministro sarebbe molto utile e gradita).
Da Roma occorre però che venga data certezza certa anche sulle procedure che devono essere seguite per le valutazioni ambientali sui masterplan aeroportuali, per tutelare le procedure stesse dalla baraonda scatenata attorno all’iter per il masterplan di Firenze. Perché altrimenti difficilmente Toscana Aeroporti potrà davvero imbarcare il masterplan in una nuova procedura valutativa. Ma anche perché quanto fatto succedere su Firenze è di fatto una mina vagante per l’intero sistema aeroportuale nazionale, perché ciò che è stato contestato nel caso fiorentino – come già evidenziato – è quello che è stato fatto usualmente per i masterplan di tutti gli altri scali. E tutti gli scali, teoricamente, adesso potrebbero essere a rischio (se qualcuno gli scatenasse contro ciò che è stato scatenato per Firenze). Quindi dovrebbe essere preoccupazione del Governo chiarire la faccenda, con norme chiare e adempimenti certi che non prestino più pertugi per azzeccagarbugli e non siano più minabili con interpretazioni a piacere e “ad hoc”.
6 – Tirando le somme di quanto accaduto sul masterplan di Firenze, si deve però per forza ricordare ancora una volta come le prime vittime dello stop al riassetto funzionale e al risanamento ambientale dello scalo con la nuova pista siano prima di tutto i cittadini. I cittadini-utenti costretti a rinunciare ancora ad un’infrastruttura pubblica funzionante e pagare i costi delle continue disfunzioni alla regolarità dei voli che per ora, con la pista attuale, rimarranno tutti. I cittadini-lavoratori aeroportuali (gestione aeroporto e vettori) che dovranno continuare ad affrontare in prima linea le situazioni assurde nelle tante giornate di dirottamenti, travolti ingiustamente ma inevitabilmente dalla (giusta) rabbia dei passeggeri per responsabilità di ben altri soggetti. I cittadini-lavoratori in genere che con l’aeroporto lavorano e lavorerebbero o che cercano di creare impresa e lavoro nel nostro territorio e vedono, per ora, di nuovo frenato il principale motore di supporto e rilancio della competitività internazionale dell’area metropolitana e delle regione.
E ovviamente sono vittime i cittadini-residenti attorno all’aeroporto, a Peretola, Quaracchi, Brozzi e Sesto Fiorentino, vittime doppiamente colpite: perché costretti a tenersi ancora per altri anni i voli a bassa quota sulle case quando, caso unico in Italia, avrebbero l’opportunità di poter vedere risolta totalmente tale criticità “semplicemente” con l’adeguamento infrastrutturale dello scalo per ora impedito; perché presi malamente in giro da chi ha lavorato e lavora per mantenere tale situazione contrastando la nuova pista e poi fa finta di preoccuparsene vaneggiando di “messe in sicurezza della pista attuale”, concetto senza alcun significato continuamente ripetuto dai “contro”, o addirittura di delocalizzazioni di abitazioni di Peretola, rilanciate in questi giorni in consiglio comunale a Firenze (Movimento 5 Stelle e opposizione di sinistra), preferite, evidentemente, alla delocalizzazione o modifica di un laghetto e un fosso artificiale pur di impedire la nuova pista… E con ciò si raggiunge l’apoteosi dell’opposizione ossessiva allo scalo di Firenze.
A conclusione di questa lunga riflessione un’ultima considerazione. Per sei anni e 22 numeri del nostro notiziario “Aeroporto” (sui 90 pubblicati in 24 anni) abbiamo raccontato l’evoluzione di studi e progetti che hanno accompagnato l’iter dell’attuale masterplan del “Vespucci” ed ogni volta che qualcuno (spesso) ci chiedeva se la nuova pista sarebbe stata fatta davvero, abbiamo sempre risposto che lo speravamo, ma che la certezza certa della sua realizzazione si poteva avere solo vedendo il primo aereo posarci le ruote (raggiungere il piazzale e sbarcare i passeggeri). Perché in circa quarantacinque anni passati seguendo la questione aeropotuale fiorentina e toscana ne avevamo viste troppe, di tutti i colori, e ci si poteva ancora aspettare qualunque cosa. Adesso quel qualcosa è di nuovo arrivato, questa volta sotto forma di “giustizia” amministrativa, attivata per fermare (ritardare) un progetto non attaccabile con altre ragioni (infrastrutturali, operative, funzionali, ambientali, sanitarie, territoriali, urbanistiche). Ne prendiamo atto, in attesa di riprendere il racconto del percorso verso il masterplan e la nuova pista quando l’iter ripartirà. Intanto aggiorniamo la storia di questa vicenda quasi secolare con i protagonisti di oggi, che con quanto hanno fatto contro il sistema Toscana saranno ricordati nella storia moderna della nostra regione.
24/9/2019 – Nel prossimo fine settimana una tre giorni di eventi (27-29 settembre) celebrerà i quarant’anni dall’istituzione del parco regionale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli, decisa nel 1979 dalla Regione Toscana con la creazione dell’ente gestore, prima come Consorzio e quindi come “Ente Parco Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli”, a tutela delle risorse naturali e storiche di questa porzione di costa toscana.
Il parco, esteso per 23.000 ettari nelle province di Lucca e Pisa, fino al confine con quella di Livorno, occupa nella parte più a sud il territorio che separa Pisa dal mare. L’area del parco comprende habitat testimonianza delle originali conformazioni dell’area (come le dune sulla costa o i residui di zone paludose), ambienti ricreati con le bonifiche di fine ottocento e inizio novecento (boschi e pinete) e usi agricoli sviluppati nel corso dei secoli ed arrivati fino ad oggi.
Al suo interno sono presenti aree protette, oasi WWF, attività legate all’agricoltura biologica, allevamenti, pesca, attività di equitazione, ippoterapia, trekking, educazione musicale, attività didattiche, centri visite, percorsi ciclo-pedonali, foresterie, servizi di ristorazione con prodotti tipici a chilometro zero. L’area del parco è inserita nella più estesa MaB (Man and Biosphere) “Selve costiere di Toscana”, riserve della biosfera riconosciute dall’UNESCO.
Nella vasta area del parco sono ricompresi insediamenti e infrastrutture di vario tipo, viarie, ferroviarie e su una porzione del territorio del parco (i circa 12 km che separano la città di Pisa dal mare) passano le rotte di atterraggio e decollo principali dell’aeroporto pisano, che con le testate sud delle due piste confina proprio con il parco e con i voli passa anche in prossimità di aree protette, sia marine sia terrestri (le rotte aeree a Pisa sono per il 70% sul parco e per il 30% sulla città).
Il tema parco e aeroporto non compare tra gli aspetti toccati nelle celebrazioni in programma, in quanto in realtà a Pisa tale coesistenza non ha mai suscitato, nel bene e nel male, attenzioni o spunti di discussione perché mai è stata sollevata, da istituzioni, forze politiche o associazioni ambientaliste, una qualche problematica per la prossimità dell’infrastruttura aeroportuale con le aree naturali né per i sorvoli del parco.
Recentemente, in occasione dell’iter ambientale del masterplan dello scalo, anche uno studio specifico ha valutato – escludendoli – potenziali effetti negativi su flora e fauna legati all’attività aerea e al sorvolo delle aree naturali, con la sola attenzione dovuta al controllo del fenomeno wildlife strike (potenziali impatti tra animali – volatili e terrestri – con gli aerei) particolarmente necessario proprio per la presenza di vaste aree verdi e boscate (questione da sempre normalmente gestita dai responsabili dello scalo con gli accorgimenti necessari).
Una coesistenza, quella di parco e aeroporto a Pisa, che peraltro ha radici ancora più antiche perché proprio nell’area di San Rossore, nel cuore dell’attuale parco, si tennero i primi voli pisani agli inizi del ‘900 e l’area di Coltano, sempre interna all’attuale parco, ospitò per un periodo le attività aeree dell’area pisana, prima del definitivo radicamento dello scalo e delle piste nell’attuale collocazione e poi per decenni, anche prima dell’istituzione dell’ente parco, i voli hanno sempre interessato questi territori.
Abbiamo raccontato molte volte nelle nostre documentazioni e sul nostro notiziario questa realtà toscana, con la coesistenza fisica e funzionale tra parco e aeroporto nel territorio pisano quale esempio positivo ed è quindi doveroso tornare a evidenziarla in questi giorni di celebrazione del quarantennale dell’istituzione ufficiale dell’ente parco. Una realtà positiva da ricordare in ogni occasione perché è da sempre la migliore e più evidente smentita agli allarmismi artificiosamente alimentati nella piana fiorentina per dipingere una conflittualità artificiosa tra aeroporto e parco della piana che, invece, possono e devono tranquillamente coesistere, secondo i migliori esempi europei (e toscani).
Esempi che amministratori, comitati e ambientalisti “distratti” della nostra piana dovrebbero prima o poi decidersi a conoscere, magari andando a seguire proprio le celebrazioni pisane dei prossimi giorni per vedere come uno scalo (anche delle dimensioni di quello di Pisa e con le relative prospettive di sviluppo) possa vivere da tanto tempo accanto a una grande riserva naturale. Quindi tornare qui e resettare tanti pregiudizi sulla realtà fiorentina e disinnescare la battaglia contro un masterplan come quello del “Vespucci” di Firenze che oltre a poter coesistere con la destinazione a parco che permarrà (volendo…) per gran parte delle aree libere della piana, contribuirà proprio alla concreta creazione e valorizzazione di porzioni del parco.
29/3/2019 – È stato pubblicato l’annuale report del traffico aereo di ENAC, Ente Nazionale Aviazione Civile, che delinea l’andamento del traffico aereo sui 42 aeroporti italiani che nel 2018 hanno gestito traffico commerciale (rispetto ai 41 del 2017 è tornato operativo lo scalo di Crotone). Nel complesso il sistema italiano nel 2018 ha registrato 184.810.849 passeggeri (+5,8%) e 1.090.699 tonnellate di merce (+3,6%), con 1.413.466 movimenti (+0,0%). Come da alcuni anni, il dato complessivo delle tabelle principali non ricomprende il traffico aerotaxi (riportato parzialmente in una tabella separata assieme all’aviazione generale).
Analizzando i dati passeggeri per poli regionali (nostre elaborazioni dei dati sui singoli aeroporti), le posizioni sono in gran parte confermate. Dopo Lazio (48,7 milioni) e Lombardia (46,5 milioni), si pongono in ordine decrescente entro i primi dieci posti Veneto (17,7 milioni), Sicilia (17,7), Campania (9,9), Emilia Romagna (8,8), Sardegna (8,6), Toscana (8,1), Puglia (7,4) e Piemonte (4,1). Tra i risultati significativi si segnala anche nel 2018 la crescita della Campania (+15,8%), trainata dallo sviluppo di Napoli per l’insediamento di Ryanair, passata dal sesto al quinto posto, e della Liguria (+16,7%); importante anche la crescita della Calabria (+9,2%) e del Veneto (+8,9%) e il risultato raggiunto dalla Toscana che, pur confermandosi all’ottavo posto, per la prima volta ha superato la soglia degli otto milioni di passeggeri.
Considerando i singoli aeroporti, sono rimasti invariati gli scali entro le prime dieci posizioni per traffico passeggeri, con alcuni scambi di posizione: Roma Fiumicino (42,8 milioni), Milano Malpensa (24,5), Bergamo (12,8), Venezia (11), Napoli (9,9), Catania (9,8), Milano Linate (9,1), Bologna (8,4), Palermo (6,6), Roma Ciampino (5,8). Nel corso del 2018 tra i maggiori scali hanno registrato crescite a due cifre Genova (+16,7%), Napoli (+15,8%), Palermo (+14,7%), Verona (+11,8%), Milano Malpensa (+11,5%). Da segnalare Treviso, il secondo scalo del sistema aeroportuale di Venezia, che ha superato la soglia dei 3 milioni di passeggeri, mentre il “Marco Polo” di Venezia ha passato la soglia degli 11 milioni. Soglie “milionarie” sono state superate anche da Fiumicino (41 e 42 milioni), Malpensa (23 e 24 milioni), Napoli (9 milioni), Palermo (6 milioni) e Bari (5 milioni).
La Toscana, come detto, ha superato gli 8 milioni di passeggeri, esattamente 8.164.391, il traffico merci è stato di 11.238 tonnellate, gestiti con 64.512 movimenti di voli di linea e charter sui quattro scali presenti nelle statistiche ENAC. Pisa si è confermato 11° aeroporto, con 5.449.334 passeggeri (+4,3%), 11.174 tonnellate di merce (+9,5%) e 38.512 movimenti (+2,6%). Firenze è sceso dal 18° al 19° posto (superato da Lamezia Terme) con 2.706.689 passeggeri (+2,3%), 64 tonnellate di merce (+2,9%) e 27.608 movimenti (-5,0%). Grosseto è passato dal 37° al 40° posto, con 7.650 passeggeri (-1,6%) e 144 movimenti (+67,4%). Marina di Campo è sceso dal 35° al 39° posto, con 718 passeggeri (-92,2%) e 71 movimenti (-97,1%).
Aggiungendo per la Toscana anche i dati dei voli aerotaxi e di aviazione generale riportati nella specifica tabella di ENAC, il traffico è stato di 5.459.083 passeggeri e 43.109 movimenti a Pisa; 2.719.007 passeggeri e 34.225 movimenti a Firenze; 10.558 passeggeri e 1.820 movimenti a Grosseto e 4.834 passeggeri e 3.454 movimenti all’Elba, per un totale per la Toscana di 8.190.622 passeggeri e 82.608 movimenti.
24/1/2019 – Assaeroporti, associazione che riunisce i gestori dei principali scali italiani, ha pubblicato i dati di traffico 2018. L’anno passato i 39 scali compresi nelle tabelle hanno registrato un totale di 185.681.351 passeggeri (+5,9% sul 2017), 1.600.873 movimenti (+3,1%) e 1.138.780,1 tonnellate di merce (-0,6%).
Tra i maggiori incrementi di traffico, con crescite percentuali a due cifre, spiccano Genova (+16,5%), Napoli (+15,8%), che ha superato per la prima volta la soglia dei nove milioni di passeggeri, Palermo (+14,8%), andato oltre i sei milioni, Verona (+11,6%) e Milano Malpensa (+11,5%), che ha fatto un doppio balzo in avanti superando le soglie dei 23 e 24 milioni. Soglie “milionarie” sono state superate nel 2018 anche da Fiumicino (da 40 a 42 milioni), Venezia (11 milioni) e Bari (5 milioni). Da segnalare, il ritorno nella statistica Assaeroporti di Crotone, che nel 2018 ha operato nuovamente voli regolari.
I primi dieci aeroporti per traffico passeggeri del 2018 si sono confermati gli stessi del 2017, con alcuni scambi nelle posizioni: Roma Fiumicino (42,9 milioni), Milano Malpensa (24,7 milioni), Bergamo (12,9 milioni), Venezia (11,1 milioni), Catania (9,9 milioni), Napoli (9,9 milioni), Milano Linate (9,2 milioni), Bologna (8,5 milioni), Palermo (6,6 milioni) e Roma Ciampino (5,8 milioni).
Per la Toscana, Pisa ha raggiunto 5.463.090 passeggeri (+4,4%), restando all’11° posto, con 43.109 movimenti (+3%) e 11.644,4 tonnellate di merce (+9,9%). Firenze ha gestito 2.719.081 passeggeri (+2,3%), scendendo di una posizione, al 19° posto (superato da Lamezia Terme), con 34.226 movimenti (-3,6%) e 248,6 tonnellate di merce (+16,2%), con dati sempre influenzati negativamente dalla situazione infrastrutturale e operativa dello scalo che penalizza la normale evoluzione del traffico. Grosseto, con 10.558 passeggeri (-1,9%) e 1.820 movimenti (-2,8%), ha confermato il 36° posto.
26/09/2018 – Per fare un sistema aeroportuale servono gli aeroporti, intesi come infrastrutture “normalmente” adeguate dove poter far atterrare gli aerei (piste) e dove gestire i passeggeri (terminal)… Il concetto lapalissiano, che ricordiamo a chi di bisogno da una quarantina d’anni e da ricordare oggi a esponenti governativi poco informati e mal consigliati, agli autori di stravaganti dossier anti-opere e ai reduci e nostalgici anti-aeroporto degli anni ’70 del secolo scorso, appare in tutta la sua evidenza in giornate come queste, quando uno scalo (questa volta il “Galilei” di Pisa) va in tilt, per cause di forza maggiore.
L’emergenza incendio che ha colpito il territorio pisano, a nord dello scalo, costringendo alla totale chiusura ai voli civili nel pomeriggio di ieri e per buona parte della giornata odierna, è naturalmente un evento eccezionale (si spera che lo sia e lo rimanga!) per la sua violenza, intensità ed estensione, anche se grandi incendi sul monte Serra e dintorni non sono purtroppo una rarità. E la direzione del vento, da nord, che richiedeva obbligatoriamente l’uso della direttrice di decollo verso la città e i monti pisani, ossia verso l’area interessata dall’incendio (dalle sue colonne di fumo e dalle operazioni dei mezzi aerei antincendio) ha fatto il resto, portando alla decisione obbligata del blocco dell’attività civile.
Ma in questa eccezionalità, la cancellazione dei voli sul “Galilei” è stata totale: nessuno dei 38 arrivi programmati nella fascia oraria di chiusura, per stare solo ad oggi (ma sono stati coinvolti anche voli fuori fascia di chiusura), ha potuto essere gestita dal “sistema toscano”, spostando l’atterraggio su Firenze, perché ovviamente quasi tutti i voli interessati erano operati con velivoli (soprattutto modelli di Boeing 737 e Airbus A320 nelle versioni a maggiore capienza) non compatibili con l’attuale pista del “Vespucci” e i suoi 1.455 metri disponibili per l’atterraggio; perché con l’attuale orientamento di pista e con le condizioni di vento di questi giorni sarebbe stato comunque poi difficile o impossibile ripartire dallo scalo fiorentino per le penalizzazioni esistenti nei decolli verso nord e monte Morello); perché la capacità limitata dello scalo fiorentino nell’attuale assetto (a cominciare dai piazzali di sosta aeromobili) avrebbe consentito di accogliere poco traffico dirottato. Quindi l’alterativa alla cancellazione sarebbe stata il dirottamento del volo fuori regione, minimo a 200 o 300 km da Pisa (Bologna o Genova).
Non che la disponibilità di un’altra pista adeguata nella regione porti automaticamente ad utilizzarla in caso di dirottamenti, perché ogni vettore ha poi propri metodi di gestione di situazioni come queste, dipendenti da vari fattori operativi, ma certamente con un sistema aeroportuale regionale vero (fatto di infrastrutture aeroportuali normalmente funzionali) una buona parte dei voli avrebbe potuto essere garantita (pur con ritardi per dirottamento), senza lasciare a terra o costringere a lunghi trasferimenti via terra forzati migliaia di passeggeri.
Va ricordato peraltro che se situazioni come quelle di questi giorni sono eventi improvvisi ed eccezionali, usuali sono invece ogni inverno le giornate di chiusura del “Galilei” di Pisa per bassa visibilità (banchi di nebbia, tipici per la vicinanza al mare e la conformazione dei terreni attorno allo scalo). Situazioni che ogni volta ripropongono l’evidenza della carenza di sistema in Toscana (carenza di capacità nelle infrastrutture aeroportuali), che non consente di gestire entro la regione queste evenienze. Il quadro ha ovviamente anche valenza ribaltata, cioè quando ad andare in tilt è il “Vespucci” di Firenze per tutte le note criticità derivanti dall’attuale assetto di pista e dall’incidenza su tale assetto di ogni minimo fenomeno atmosferico. Evenienza, a Firenze, oggi molto frequente e proprio per questo più problematica per il sistema regionale attuale, perché lo scalo di Pisa, pur potendo accogliere per capacità di piste tutte le tipologie di velivoli “fiorentini”, in realtà li accoglie solo in parte per carenza di spazi (sopratutto piazzali), occupati dal proprio traffico, costringendo quindi ogni volta a dirottamenti fuori regione di molti voli diretti al “Vespucci”.
Per chiudere questa riflessione (su cui dovrebbero riflettere i nuovi e distratti inquilini dei palazzi romani), che gli eventi siano eccezionali o usuali, è evidente come anche una regione come la Toscana non possa fare a meno di attrezzare con infrastrutture di volo adeguate e funzionali più aeroporti, cioè entrambi gli scali di Firenze e Pisa, per avere perlomeno due infrastrutture funzionali che possano supportarsi in caso di bisogno, secondo quella che dovrebbe essere una vera logica di sistema.
Si è tenuto ieri, 20 maggio, il tradizionale appuntamento con la “Giornata delle Oasi” che ogni primavera promuove e anima le oasi WWF in tutta Italia. Come già avvenuto in passato, anche per il 2018 sono stati interessati dalla manifestazione alcuni siti naturalistici nel Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli, che si estende lungo la costa toscana tra l’area di Lucca e il confine con il livornese, comprendendo il territorio che va da Pisa al mare e i circa 12 km che separano l’aeroporto pisano dal litorale. Parco che nei prossimi giorni (dal 23 al 27 maggio) vivrà anche la propria festa annuale (“Festa del Parco 2018”), che ricomprende la “Giornata europea dei parchi” festeggiata il 24 maggio.
La giornata delle oasi WWF, come ogni iniziativa che si svolge nel parco, dà ogni volta occasione per ricordare un significativo esempio toscano di come possano convivere in uno stesso territorio un’infrastruttura aeroportuale di grandi dimensioni e un grande parco, con riserve naturali, boschi, specchi d’acqua, flora e fauna protette, attività agricole, allevamenti biologici, aperto alla fruizione pubblica con percorsi ciclabili e pedonali, centri per attività didattiche, punti di ristoro. Le oasi interessate dall’evento di ieri sono state il “Bosco di Cornacchiaia” e le “Dune di Tirrenia”.
Ricordiamo in particolare l’oasi WWF “Bosco di Cornacchiaia”, all’estremità meridionale della tenuta di Tombolo, parte più preservata della foresta del parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli, posta all’interno del SIC (Sito di Importanza Comunitaria) “Selva Pisana”, classificata come Core Area del Sito Riserva della Biosfera UNESCO “Selva Costiere di Toscana” e protetta dalla Convenzione Internazionale sulle Zone Umide di Ramsar e all’interno del sito speciale per l’avifauna IBA -Important Bird Area – “Migliarino-San Rossore”. L’oasi si trova in corrispondenza della rotta principale di atterraggio dello scalo pisano, ma di fatto è un’ampia porzione del parco che coesiste da sempre con l’attività aerea (ancora più vicino alle piste, sempre sotto la traiettoria di atterraggio e decollo, si trova la Riserva Naturale “Bosco degli Allori”).
In occasione della recente procedura ambientale che ha interessato il masterplan del “Galilei” è stata valutata la compatibilità dell’attività aeroportuale e dei voli con il parco, senza rilevare criticità né allo stato attuale né per le prospettive di ulteriore sviluppo (approvate con la conclusione delle procedure). D’altra parte nessuno (gestori, amministratori, associazioni ambientaliste o altri soggetti) ha mai evidenziato problematiche per la coesistenza tra aeroporto, voli e parco, nel senso che il parco è sempre stato vissuto senza far caso alla vicinanza dello scalo e ai sorvoli. E proprio perché tale realtà non è mai stata oggetto di polemiche o strumentalizzazioni, in Toscana non c’è mai stata grande consapevolezza per questa “pacifica convivenza” di lunga data in essere nel territorio pisano.
Una realtà che invece dovrebbe essere conosciuta, soprattutto da chi ancora alimenta polemiche inutili sulla questione dell’aeroporto di Firenze e la sua compatibilità con il progetto del parco della piana, perché più di ogni studio, osservatorio o altro, semplicemente guardandosi attorno si potrebbero resettare tante posizioni preconcette e ideologiche contrarie ai progetti del “Vespucci” e riconoscere la validità di quanto previsto nel masterplan per lo scalo dell’area fiorentina e il territorio della piana.
ENAC ha pubblicato nei giorni scorsi il periodico report relativo agli investimenti sugli scali italiani per i quali è stato sottoscritto il Contratto di Programma o è stato approvato il piano quadriennale degli interventi alla data di emissione del report (i Contratti di Programma sono accordi sottoscritti con i gestori aeroportuali per disciplinare il profilo tariffario, la realizzazione del piano degli investimenti e il rispetto degli obiettivi di qualità e di tutela ambientale, nell’ambito degli impegni di lunga scadenza delineati nei masterplan).
I piani di investimento approvati e monitorati nel documento prevedono opere per oltre 4,1 miliardi di euro su 29 aeroporti, con data di avvio tra il 2015 e il 2017 e scadenza tra il 2018 e il 2021, variabile per i diversi scali. 3,2 miliardi riguardano i 13 aeroporti strategici individuati nel Piano Nazionale Aeroporti, con oltre 2,9 miliardi concentrati sui tre poli aeroportuali principali di Roma (Fiumicino e Ciampino), Milano (Linate e Malpensa) e Venezia. Nelle schede illustrative sono considerati anche sette scali non dotati di Piano degli Investimenti per i quali sono indicati comunque interventi effettuati per circa 1,7 miloni.
La verifica nell’attuazione degli investimenti relativa al 2017 evidenzia come lo scorso anno, a fronte di interventi programmati per circa 775 milioni, siano state concretizzate opere per 492 milioni (circa il 63%), con parziali differenziazioni tra il diverso tipo di contratto in essere (ordinario o in deroga), mentre più a rilento risultano gli investimenti sugli altri scali che ancora non hanno sottoscritto il contratto. In generale la lentezza nell’esecuzione dei progetti e quindi nel rispetto degli impegni è in gran parte imputabile alle lentezze burocratiche delle complesse procedure cui vengono sottoposti i masterplan, per le valutazioni ambientali e le successive verifiche di conformità urbanistica. In alcuni casi i ritardi sono imputabili a lentezze nelle progettazioni o nella disponibilità dei finanziamenti. Dei 29 scali considerati, una decina hanno masterplan definitivamente approvati con la conclusione della verifica di conformità urbanistica (alcuni con procedure concluse hanno di nuovo in corso iter su aggiornamenti del masterplan); cinque aeroporti hanno procedure ambientali concluse e hanno in corso o in avvio la verifica urbanistica; gli altri si trovano in varie situazioni procedurali.
Per la Toscana sono presenti nel report ENAC gli scali di Firenze e Pisa, per i quali viene ricordata la situazione in essere. Il “Galilei” di Pisa ha completato definitivamente l’iter del masterplan con la conclusione della verifica di conformità urbanistica nell’ottobre 2017, seguita alla chiusura nel 2016 della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA sull’aggiornamento del masterplan. Il Piano di Investimenti 2015-2018 (sottoscritto nel dicembre 2014) comprendeva investimenti per 63,6 milioni, destinati per circa un terzo al terminal. Il “Vespucci” di Firenze ha avviato la procedura per la verifica della conformità urbanistica del masterplan, successiva alla conclusione della procedura VIA del dicembre 2017. Il Piano di investimenti 2015-2018 (sottoscritto nel dicembre 2014) comprendeva investimenti per 106,4 milioni, in gran parte destinati a espropri (70,2 milioni), che in realtà potranno partire dopo la definitiva approvazione del masterplan (al termine della Conferenza dei Servizi), mentre sono stati attuati (e in parte previsti al 2018) migliorie alle infrastrutture esistenti.
Con la presentazione del nuovo report sugli investimenti ENAC è tornata a sottolineare l’importanza della capacità di attuare gli interventi programmati per adeguare il sistema alla crescita del traffico aereo in atto e prevista in Italia (250 milioni di passeggeri al 2030 rispetto ai 175 di oggi), secondo le linee di azione individuate nel Piano Nazionale Aeroporti in vigore dal gennaio 2016. Investimenti per un miglioramento infrastrutturale necessario per sostenere la crescita e la competitività del paese nello scenario internazionale, l’occupazione e lo sviluppo sociale dei territori, ma anche la sostenibilità ambientale del trasporto aereo, superando situazioni di congestione e inefficienze operative.
“È sempre più importante mantenere il passo con il programma degli investimenti – ricorda ENAC – con atteggiamento cooperativo tra tutti gli stakeholder aeronautici e tutte le istituzioni interessate”. Occorre “ponderare la valenza di un’infrastruttura strategica rispetto alla tutela esasperata di porzioni di territorio, spesso già ampiamente urbanizzate”, cioè “trovare un ragionevole compromesso tra due interessi che possono non essere contrapposti e che anzi devono convergere verso la ricerca dello sviluppo del benessere economico e sociale della nazione”.
Assaeroporti, associazione che riunisce i gestori dei principali scali italiani, ha pubblicato i dati di traffico 2017 comunicati dagli stessi aeroporti. L’anno passato i 38 scali compresi nelle tabelle hanno registrato un totale di 175.413.402 passeggeri (+6,4% sul 2016), 1.552.311 movimenti (+3,2%) e 1.145.219 tonnellate di merce (+9,2%).
Tra i maggiori incrementi di traffico spicca Napoli (+26,6%), che ha confermato la previsione di sviluppo in seguito all’apertura della base Ryanair (la prima della Campania) con l’attivazione di decine di nuove rotte, superando per la prima volta la soglia dei 7 milioni di passeggeri in ottobre e quella degli 8 milioni in dicembre; anche Catania (+15,5%) e Milano Malpensa (+14,2%) hanno fatto un doppio balzo in avanti: il primo scalo siciliano ha passato gli 8 e i 9 milioni di passeggeri; il secondo hub italiano ha superato le quote 21 e 22 milioni. Soglie “milionarie” sono state superate nel corso del 2017 anche da Bergamo (oltre 12 milioni), Venezia (10 milioni), Pisa (5 milioni), Cagliari e Torino (4 milioni), Treviso e Verona (3 milioni). In percentuale, incrementi a due cifre (tra gli scali principali), oltre a Napoli, Catania e Milano Malpensa, hanno riguardato anche Treviso (+14,4%), Cagliari (+12,5%), Bergamo (+10,5%) e Olbia (+10,4%).
I primi dieci aeroporti del 2017 si sono confermati gli stessi del 2016, con alcuni scambi nelle posizioni: Roma Fiumicino (40,9 milioni), Milano Malpensa (22,1 milioni), Bergamo (12,3 milioni), Venezia (10,3 milioni), Milano Linate (9,5 milioni), Catania (9,1 milioni), Napoli (8,5 milioni), Bologna (8,1 milioni), Roma Ciampino (5,8 milioni), Palermo (5,7 milioni).
Per la Toscana spicca il dato di Pisa (citato sopra) che ha superato per la prima volta la soglia dei 5 milioni di passeggeri annui (festeggiata il 7 dicembre dai vertici di Toscana Aeroporti con la cinquemilionesima passeggera), raggiungendo a fine anno 5.233.118 (+4,9%), con 41.860 movimenti (+3,1%) e 10.594,6 tonnellate di merce (+2,9%). Con questi dati il “Galilei” si è confermato 11° scalo nazionale per passeggeri, avanti a Bari (4,6 milioni) e dietro a Palermo (5,7 milioni). Firenze ha proseguito nella crescita del traffico passeggeri raggiungendo nel 2017 i 2.658.049 (+5,7%), con 35.490 movimenti (-0,4%) e 213,9 tonnellate di merci (-19,5%). Con questi numeri il “Vespucci” si è posto al 18° posto tra gli aeroporti nazionali, avanti a Lamezia Terme (2,5 milioni) e dietro ad Olbia (2,8 milioni), risalendo di una posizione rispetto al 2016. Il quadro toscano rappresentato nelle statistiche di Assaeroporti è completato dall’aeroporto di Grosseto, con i 10.762 passeggeri (+242,3%) e 1.873 movimenti (+13,3%), sceso dal 35° al 36° posto.
Il 17 marzo è avvenuta, con l’intervento di autorità locali e romane, l’inaugurazione ufficiale del PisaMover, il nuovo people mover che collega l’aeroporto di Pisa con la stazione ferroviaria cittadina e, grazie ad una fermata intermedia, con i due parcheggi auto scambiatori per complessivi 1.330 posti. Come noto il collegamento a fune su rotaia è andato a sostituire, ricalcandone il tracciato, la vecchia linea ferroviaria tra la stazione di Pisa e la stazione Aeroporto che era stata chiusa da qualche anno (e provvisoriamente sostituita da bus navetta) per gli alti costi di gestione e lo scarso utilizzo da parte dell’utenza.
Alla stazione di Pisa il PisaMover è attestato all’ex binario 14, mentre in aeroporto il people mover arriva al secondo piano di una nuova palazzina, che al momento è distante un centinaio di metri dall’aerostazione, ma che in futuro sarà inglobata con l’ampliamento del terminal.
Il nuovo PisaMover è stato realizzato, per un costo di 72 milioni di euro, dalla società Leitner di Vipiteno (Bolzano), specializzata nella realizzazione di questo tipo di sistemi di trasporto. Si tratta di un sistema automatizzato senza conducente formato da due convogli da 107 posti ciascuno che viaggiano su un’unica linea, lunga 1.760 metri, che si sdoppia alla stazione intermedia per consentire l’incrocio dei due convogli. L’alimentazione è elettrica, la velocità massima di 40 km/h, la percorrenza è di circa cinque minuti, la frequenza delle corse è anch’essa di cinque minuti e l’operatività è di 365 giorni all’anno dalle 6.00 alle 24.00. La tariffa per la sola andata è di 2,70 euro e 5,40 per l’andata e ritorno. Il PisaMover, oltre che per gli utenti aeroportuali è pensato per pendolari e turisti diretti in città che possono utilizzare i parcheggi auto a prezzi particolarmente vantaggiosi.
Prova sul campo
Abbiamo provato a raggiungere da Firenze l’aeroporto di Pisa con questo nuovo assetto treno+PisaMover per verificarne il funzionamento e la praticità. In una mattina di fine marzo cerchiamo sulla “app” di Trenitalia il primo treno disponibile da Firenze SMN per Pisa Centrale e acquistiamo on line il biglietto per 8,40 euro sola andata. Scegliamo il Regionale 23413, partenza 8.53 e arrivo alle 10.10, con tempo di percorrenza di 1 ora e 17 minuti.
Va detto che, sulla base di una simulazione fatta il 28 marzo, sulla linea tra Firenze e Pisa ci sono 52 treni tra Regionali (R) e Regionali Veloci (RV), con una media di 2,7 treni all’ora. Il primo è alle 4.30, l’ultimo alle 23.07. Di questi 52 treni, 18 sono Regionali Veloci, sei dei quali impiegano 49 minuti, uno 57 minuti, otto un’ora esatta, uno un’ora ed un minuto, uno un’ora e 4 minuti, uno un’ora e 6 minuti. 34 sono invece i Regionali che impiegano da un minimo di un’ora ad un massimo di un’ora e 29 minuti (in realtà il sistema ce ne propone anche uno con percorrenza di due ore e 22 minuti, oltre ad una corsa in bus di due ore e 40 minuti). Da segnalare anche che recentemente sono state introdotte delle corse con le Frecce di Trenitalia sulla linea Roma-Firenze-Pisa-Genova che, fermando a Campo di Marte, vanno dirette a Pisa in 48 minuti.
Ma torniamo alla nostra prova. Giungiamo alla stazione di Pisa Centrale con qualche minuto di anticipo sulle 10.10 previste. Il binario di arrivo è il numero 10. Dei cartelli indicano immediatamente il percorso per il PisaMover: è necessario scendere nel sottopassaggio (sono disponibili scale e ascensori) e risalire al binario 13. Pochi passi e si arriva alla stazione del PisaMover che è stata realizzata dove prima c’era il binario 14 (quello da cui partiva il treno Trenitalia per l’aeroporto). Arrivando al binario 10 (ma al ritorno siamo partiti dal 2) e non avendo bagagli i tempi sono veloci e in tre minuti copriamo il tragitto binario 10-stazione PisaMover. Il servizio è ancora gratuito e quindi non facciamo biglietto per il quale ci sono una decina di “totem” a disposizione.
Entrati nella stazione, moderna e piacevole, attendiamo due minuti prima che arrivi il convoglio che ci porterà in aeroporto (il tempo massimo di attesa è di cinque minuti). A bordo poche persone, suddivise tra viaggiatori diretti in aeroporto e curiosi che provano il people mover ancora gratuito. In poco più di due minuti siamo alla stazione intermedia dedicata ai due parcheggi auto, qui la sosta dura circa un minuto e poi in poco meno di altri due minuti arriviamo in aeroporto, dove, dopo un breve tratto in salita, il PisaMover entra al secondo piano della nuova palazzina appositamente realizzata. Passati i tornelli abbiamo a disposizione le scale o cinque ascensori per scendere al piano terra.
Al piano terra un lungo camminamento coperto (un centinaio di metri circa) ci conduce fino all’ingresso dell’aerostazione. Ancora pochi passi e sulla destra troviamo i banchi dei check in. Dall’arrivo alla stazione aeroportuale del PisaMover al raggiungimento dei check in sono passati tre-quattro minuti. Nella nostra prova quindi, oltre al tempo del treno tra Firenze e Pisa (che come detto varia da 49 minuti ad un’ora e mezzo), abbiamo impiegato 14 minuti per andare dalla stazione di Pisa all’aeroporto. La spesa totale (andata e ritorno) è di 16,80 per il treno e 5,40 per il PisaMover. Totale 22,20 euro.
Cosa cambia per l’area fiorentina
Nonostante la qualità e l’efficienza del nuovo PisaMover e la potenziale utilità di utilizzo in relazione ai parcheggi scambiatori per turisti e pendolari diretti al centro di Pisa, l’introduzione della nuova modalità di trasporto stazione-aeroporto ha invece ulteriormente peggiorato la situazione per gli utenti provenienti o diretti all’area fiorentina per due motivi. Il primo è che, rispetto a quando c’era il treno da Firenze SMN alla stazione “Aeroporto” (collegamento comunque lungo e poco funzionale per l’eccessiva distanza, ma quantomeno arrivava all’aerostazione), adesso si è introdotta definitivamente una “rottura di tratta”, con la necessità di fare per forza un cambio di mezzo alla stazione di Pisa, e un aggravio di costi (2,70 euro per fare 1,7 km).
Il secondo è che, al fine di aumentare la frequentazione del PisaMover e sperare di renderlo profittevole, è stato deciso di spostare dall’aerostazione di Pisa ai parcheggi scambiatori il terminal di tutti i pullman che collegano Firenze con il “Galilei”. In pratica, a breve, i passeggeri che da Firenze (ma anche da altre destinazioni) devono raggiungere l’aeroporto di Pisa in bus (scelto spesso proprio per la corsa diretta), invece che essere scaricati davanti al lato partenze dell’aerostazione pisana, verranno lasciati nel parcheggio scambiatore dal quale, con le valige al seguito, dovranno salire sul ponte che sovrasta la stazione intermedia, ridiscendere alla stazione stessa, imbarcarsi sul people mover, raggiungere la stazione aeroportuale e quindi coprire quell’ultimo centinaio di metri per arrivare in aerostazione. Non per nulla tale situazione sta sollevando roventi polemiche e, a quanto riportato dalla stampa, ad un contrasto con Toscana Aeroporti ed ENAC che non sono intervenuti alla cerimonia di inaugurazione.
In sostanza l’operazione people mover, come si era potuto comprendere seguendone l’evoluzione, si configura un intervento sulla mobilità e l’assetto urbanistico di una porzione urbana di Pisa, con possibili effetti positivi sulla diminuzione del traffico su gomma diretto nel centro della città, anche se al momento, in ambito locale, si contesta che con l’apertura del people mover e con l’intento di dirottare utenza sui parcheggi scambiatori, sono stati attuati o programmati rimodulazioni sui prezzi dei parcheggi auto in città e modifiche alle linee bus tra la stazione e l’aeroporto, che non raggiungeranno più l’aerostazione (e che però servivano anche il quartiere attorno allo scalo).
Molte volte sulle pagine del nostro notiziario “Aeroporto” e su questo sito abbiamo seguito il procedere del progetto di delocalizzazione del borgo abitato limitrofo all’aeroporto di Pisa, opera accessoria legata ai progetti di sviluppo del “Galilei”, sottolineando l’operazione come esempio di come si possano raggiungere importanti obiettivi nell’interesse di tutti anche a fronte di interventi di per sé particolarmente impattanti per la città e gli abitanti. Sull’operazione, attualmente in fase di completamento, proponiamo adesso l’articolo pubblicato nel numero di dicembre dalla principale rivista di aviazione italiana che ricostruisce la vicenda toscana nei dettagli ed evidenzia la rilevanza del risultato raggiunto grazie al lavoro sinergico di tutti i soggetti coinvolti.
Ad integrazione di quanto riportato nell’articolo è utile ricordare anche gli aspetti più strettamente legati alla pianificazione urbanistica connessi al progetto: il fatto cioè che quando nacque il masterplan aeroportuale che propose l’intervento, la pianificazione comunale (Piano Strutturale di Pisa) non lo prevedeva ed anzi ricomprendeva nella porzione di abitato da delocalizzare e di viabilità da smantellare realtà riconosciute quali “invarianti strutturali” (realtà con specifica identità da tutelare e salvaguardare per mantenere caratteri fondamentali e risorse essenziali del territorio). In ragione di ciò la società di gestione aeroportuale (allora SAT) propose un’apposita osservazione al Piano Strutturale, chiedendone la modifica; l’amministrazione pisana accolse l’osservazione e la nuova configurazione dello scalo fu assunta nello strumento urbanistico consentendo di avviare la procedura di delocalizazione.
La collaborazione istituzionale tra gli enti responsabili della pianificazione territoriale e il gestore aeroportuale in funzione delle necessità dello scalo aereo di Pisa attuata in quest’occasione si inserisce in un positivo rapporto tra enti che è poi proseguita con altri adempimenti nell’ambito della specifica UTOE n°28 “Aeroporto” (Unità Territoriale Organica Elementare), con l’approvazione di una successiva variante urbanistica per la sua estensione, fino all’ultima variante approvata nel giugno 2016 per consentire la realizzazione del progetto “Cittadella Aeroportuale” (centro congressi, polo espositivo, servizi, albergo, parco, ecc.) proposto dal gestore aeroportuale nei pressi del “Galilei”.
Come abbiamo suggerito tante volte, guardare come vanno le cose oltre i nostri confini comunali o metropolitani dovrebbe fornire l’ottica comparativa per giudicare con le dovute proporzioni e nei giusti termini le vicende connesse allo scalo fiorentino, resettando tante inutili polemiche. Per stare al tema specifico dell’articolo, anche il solo guardare al resto della Toscana, nello stesso sistema aeroportuale regionale, dovrebbe dare la misura per soppesare in modo più ragionevole (senza toni da “day after”) la reale portata delle opere accessorie connesse al masterplan del “Vespucci” quali lo spostamento o la modifica di alcuni canali e laghetti artificiali, una strada e un bosco che ancora non c’è.
L’articolo può essere consultato e scaricato a questo link o nella sezione Documenti/Rassegna stampa del sito.