Nelle scorse settimane sulle pagine di cronaca locale toscana sono passate più o meno inosservate due diverse notizie inerenti questioni di distanze degli aeroporti da centri cittadini e abitati. Due notizie piccole ma significative perché toccano aspetti che dovrebbero essere ormai assodati e superati e che invece continuano ad essere tra i temi più distorti e strumentalizzati nelle polemiche sulla questione aeroportuale fiorentina. Nello specifico le notizie riguardavano gli scali di Bologna e Pisa e più precisamente la loro vicinanza alle rispettive città di riferimento.
Al “Marconi” di Bologna aveva fatto riferimento il ministro dell’Ambiente Galletti in occasione della visita effettuata presso lo scalo di Firenze per visionare di persona l’area interessata dai progetti del masterplan e le carte relative alla nuova pista e al suo inserimento nel territorio della piana. Di fronte alla realtà dei luoghi e ai contenuti delle carte il ministro non ha potuto che meravigliarsi delle tante polemiche riversate nei suoi uffici romani dalla Toscana, evidenziando come anche nella sua città, Bologna, l’aeroporto e i relativi voli siano più vicini ad abitati e insediamenti vari di quanto non risulterà nella piana fiorentina con il nuovo assetto del “Vespucci”.
D’altra parte basta guardare qualunque cartina o immagine aerea di Bologna (come quella qui sopra) per rendersi conto di tale realtà: un aeroporto a 6 km dal centro, con pista a capacità intercontinentale (2.800 metri) utilizzata da ogni tipo di velivolo, volo e vettore; pista con procedure di volo preferenziali ma bidirezionale, puntata con una testata verso l’area cittadina; insediamenti e infrastrutture di vario tipo confinanti con varie parti del sedime, con un nucleo abitato vicino alla testata 30, punto di inizio della corsa di decollo preferenziale. In questa situazione, normalmente gestita e non strumentalizzata da enti e istituzioni locali, lo scalo di Bologna è considerato da molti anni migliore esempio italiano proprio nella gestione ambientale e così sta portando avanti un piano di sviluppo a 10 milioni di passeggeri (dai 6,5 milioni attuali) inserito in un piano territoriale che prevede anche la realizzazione di un bosco di 100 ettari e la coesistenza con un’area naturalistica esistente (area SIC) limitrofa allo stesso scalo.
La notizia inerente il “Galilei” di Pisa, comparsa su Il Tirreno, riguardava invece un’indagine condotta dall’inglese The Telegraph sulle distanze città-aeroporto e quindi sulla funzionalità e comodità degli scali. Il Telegraph, evidenziando come uno degli aspetti fondamentali per chi vola sia il tempo necessario per raggiungere lo scalo dal centro, ha riconosciuto il “Galilei” come terzo aeroporto più comodo al mondo perché tra i più vicini alla città (di Pisa) e quindi più velocemente raggiungibile (più “comodi” sono risultati solo lo scalo cittadino di Rio de Janeiro “Santos Dumont” e l’aeroporto di Gibilterra). A Pisa – evidenziava l’indagine – è possibile raggiungere l’aerostazione a piedi dal centro città, come fanno ogni giorno le persone che vanno e vengono con i trolley al seguito lungo via dell’Aeroporto e nelle altre strade della zona di San Giusto. Nello stesso articolo si metteva quindi in evidenza la felice situazione di Pisa rispetto a tante altre città “scomode” perché hanno aeroporti troppo lontani, citando come esempi negativi i 48 km che separano Malpensa da Milano (e che fanno preferire l’utilizzo di Linate anche per voli intercontinentali tramite le connessioni su hub europei) o i 32 km e i 30 minuti di navetta ferroviaria tra Fiumicino e Roma Termini.
Anche nel caso di Pisa la relazione tra aeroporto e città è nota ed evidente guardando qualunque cartina o immagine aerea (come quella qui sopra): un aeroporto a 2 km dal centro, con un sistema di piste a capacità intercontinentale (2.993 metri la più lunga) utilizzate da ogni tipo di velivolo civile e militare e ogni tipo di volo e vettore; piste con procedure di volo preferenziali ma bidirezionali, puntate con le testate nord sull’area cittadina; insediamenti di vario tipo prossimi al sedime (comprese aree residenziali); procedure di decollo principali (più utilizzate) che passano regolarmente sopra la città e i suoi abitanti. Come per Bologna, anche a Pisa questa situazione viene gestita senza strumentalizzazioni di enti e istituzioni e senza che sia mai stata agitata come motivo di particolari problematiche nei processi di sviluppo dello scalo. E in tale situazione, che per localizzazione fa del “Galilei” uno degli scali più “cittadini” del mondo, l’aeroporto di Pisa sta portando avanti il proprio piano di sviluppo verso i 6-7 milioni di passeggeri (dai 4,7 attuali), in un ambito territoriale che vede la coesistenza dello scalo e dei voli con il grande parco di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli, le sue aree naturalistiche, le oasi WWF, le attività agricole, i delicati assetti idrogeologici, la presenza di importanti habitat faunistici, senza che neanche questo sia mai stato considerato un problema da alcun soggetto, ente o associazione ambientalista.
Vale la pena riportare l’attenzione su queste due notizie e sulla realtà dei due scali di Bologna e Pisa visto il modo in cui ancora oggi, anche nelle ultime settimane del 2015, tali aeroporti sono stati infilati a forza nella vicenda del “Vespucci” di Firenze da chi sostiene l’inutilità della sua esistenza e ne contesta i progetti, riproponendo soluzioni inesistenti stile anni ’70 e sostenendo argomentazioni senza senso. Da una parte l’improponibile validità di aeroporti lontani 80-100 km e almeno un’ora di percorrenza “tutto compreso” (quali sono appunto Pisa e Bologna rispetto all’area fiorentina), tanto che anche distanze di 30-40 km risultano poco funzionali nelle indagini sull’efficienza degli scali per l’utenza (d’altra parte la distanza media città-aeroporto è di circa 10 km in Italia, 17 in Europa e, come ben noto, nessuna città del mondo ha il principale scalo di riferimento a 80-100 km). Dall’altra parte le continue accuse rivolte allo scalo fiorentino strumentalizzando aspetti (ambientali, territoriali, operativi, ecc.) che altrove sono normalità, cioè solo questioni da gestire, come avviene da sempre proprio nelle realtà di Bologna e Pisa anche in termini più complessi di quella che sarebbe la situazione del “Vespucci” con la nuova pista e il nuovo assetto previsto dal masterplan.
Lo scalo di Firenze è certamente vicino al centro città (5 km), inserito in una porzione di territorio libero entro un contesto urbanizzato del quale occorre tenere conto. Ma se i due scali continuamente evocati e ritenuti soluzioni ideali da chi contesta il “Vespucci stanno a distanze dal centro simili (“Marconi” da Bologna) o inferiori (“Galilei” da Pisa) e con le loro dimensioni strutturali e di traffico e i loro propositi di sviluppo convivono entrambi con l’estrema vicinanza al sedime di insediamenti vari e aree abitate, hanno procedure di volo lato città, coesistono con parchi e boschi esistenti o previsti, forse sarebbe l’ora di tenere la questione fiorentina nella giusta dimensione, smantellare tanti “falsi miti”, placare tante preoccupazioni e disinnescare più o meno tutte le inutili polemiche quotidiane sul “Vespucci” e la nuova pista.
Tra le argomentazioni più insensate riemerse nell’attuale fase di picco delle polemiche aeroportuali toscane c’è la solita tesi di un “Vespucci” che con la nuova pista diventerebbe un doppione dello scalo di Pisa e ambirebbe a diventare uno scalo intercontinentale. Tesi rilanciata in riferimento all’ipotesi di nuova pista di 2.400 metri, in questi giorni anche dallo stesso presidente della Regione, ma che in molti dei contestatori hanno sempre rivolto anche alla versione minima di 2.000 metri.
Provando a stare nel merito della questione, disinquinata dai condizionamenti politici e similari in corso, è bene ricordare che l’aeroporto di Pisa ha due piste di 2.993 metri (la principale) e 2.736 metri (la secondaria). Quindi la pista principale di Pisa è attualmente 593 metri più lunga della massima lunghezza ipotizzata da ADF e ENAC per il “Vespucci” di Firenze e 993 metri più lunga della versione minima di 2.000 metri. Divario dimensionale che aumenterà ulteriormente nelle distanze operative dopo il progetto di riconfigurazione in atto per la pista principale di Pisa che incrementerà tali distanze (circa 265 metri). Dati oggettivi che dicono quanto sia la differenza dimensionale che rimane in ogni caso tra i due scali toscani e quanto sia falsa la tesi dell’infrastruttura “doppione” (fermo restando che esistono varie regioni che hanno due o più scali con piste anche oltre i 2.800 metri e altre che le hanno in programma con allungamenti di piste esistenti senza che ciò abbia mai costituito alcuno scandalo).
Con la nuova pista quindi il “Vespucci” di Firenze in ogni caso resterebbe ben lontano dalla dimensione necessaria per la reale capacità intercontinentale, adeguata cioè ad ospitare regolari voli di tale tipo, dimensione che dovrebbe arrivare almeno verso i 2.800 metri. Infatti, per portare l’aeroporto di Bologna alla capacità intercontinentale è stato effettuato un allungamento da 2.400 a 2.800 metri e la stessa dimensione è stata raggiunta a Bari; l’aeroporto di Rimini, che da alcuni anni ospita charter regolari effettuati con Boeing 747-400 “Jumbo” da 350 posti ha una pista di 2.963 metri; Taranto, per accogliere i voli merci intercontinentali a supporto del locale polo industriale aeronautico ha prolungato la pista da 1.900 a 3.000 metri; gli aeroporti di Lamezia Terme e Olbia hanno in progetto il prolungamento delle piste a 2.800-3.000 metri per raggiungere capacità intercontinentale (il primo per accogliere velivoli privati di grandi dimensioni, il secondo per aprire lo scalo ai charter intercontinentali) e piani similari interessano altri aeroporti. Con 2.000 o 2.400 metri di pista che sia, quindi, il “Vespucci” non diviene uno scalo intercontinentale né tantomeno un’infrastruttura doppione rispetto a Pisa (o Bologna) e Pisa e Bologna, con le loro piste di 2.800-3.000 metri resteranno resteranno gli aeroporti regionali a capacità intercontinentale del centro Italia (assieme a Genova e Rimini).
Avere una pista a capacità intercontinentale, comunque, non significa di per sé essere un aeroporto intercontinentale, nel senso che in ogni caso ciò dipende dalla localizzazione dell’aeroporto e del bacino d’utenza da servire e di certo non da ruoli posti per atto politico (in Italia ci sono varie piste oltre i 2.800 metri che non vedono voli intercontinentali, perché non c’è ragione di attivarli). Infatti, anche il Piano Nazionale Aeroporti, nelle varie versioni che si sono susseguite, identifica come poli intercontinentali italiani oltre ai due hub di Fiumicino e Malpensa il solo scalo di Venezia, perché esso combina infrastrutture adatte (pista di 3.300 metri, nuova pista in previsione) con una primaria attrattiva internazionale della città e del bacino principale direttamente servito che ne giustificano il ruolo di terminale per voli a lungo raggio.