In occasione delle assemblee generali di ACI World e ACI Europe (Airport Council International, associazione che riunisce i gestori dei maggiori aeroporti del mondo, oltre 500 in Europa), svoltesi a Bruxelles dal 18 al 20 giugno scorsi, è stato rinnovato l’appello a tutti i paesi del nostro continente per l’adeguamento e sviluppo della capacità delle infrastrutture aeroportuali. Il grido di allarme è stato rilanciato in questa occasione da Eurocontrol, organismo europeo (41 paesi membri) che si occupa della “safety” del trasporto aereo, con obiettivo primario di sviluppare un sistema unico di gestione dei voli in grado di sostenerne la crescita continua entro un quadro di sicurezza e sostenibilità in termini di costi e rispetto dell’ambiente. Un organismo che quindi più di ogni altro ha giornalmente il polso della situazione del traffico aereo e degli effetti delle attuali situazioni di criticità.
Il direttore generale di Eurocontrol, Eamonn Brennan, ha evidenziato come nei primi cinque mesi del 2018 si siano raggiunti i livelli di ritardi nei voli più alti degli ultimi anni: a fronte di un incremento del traffico aereo del 3,4% (sullo stesso periodo del 2017), i ritardi registrati dal sistema di gestione dei flussi di traffico sono saliti di quasi il 50%, per il 45% dovuti proprio a carenze di capacità del sistema infrastrutturale (rispetto a un 28% dovuto a fattori esterni, come gli scioperi, e un 27% alle condizioni meteorologiche). Ritardi che hanno pesanti ripercussioni a cascata per i disservizi agli utenti, i costi aggiuntivi e i problemi gestionali per tutti i soggetti coinvolti e inutili aggravi negli impatti ambientali (consumi di carburante ed emissioni).
Oltre ad evidenziare la situazione in essere, Brennan ha illustrato l’ultimo studio elaborato da Eurocontrol sulle prospettive di crescita del traffico aereo sugli scali europei al 2040. Una crescita certa, come sempre evidenziato in ogni studio periodico in materia, con l’unica variabile sull’entità di tale sviluppo, da un +53% di voli nello scenario più prudenziale (+1,9% annuo) a un +84%, e con un andamento variabile nelle diverse realtà nazionali (Regno Unito, Turchia, Francia e Germania i paesi più avanzati e a maggiore crescita). Anche considerando lo scenario minore, corrispondente a 16,2 milioni di voli aggiuntivi ogni anno, e a fronte degli interventi di potenziamento attualmente in atto sui maggiori scali, viene stimato che al 2040 mancherà capacità per 1,5 milioni di voli, corrispondente a 160 milioni di passeggeri (soprattutto per la congestione degli aeroporti principali e più richiesti, ma imputabile a ogni situazione di carenza strutturale). Uno scenario che, senza adeguate contromisure, implicherà ulteriori incrementi nei ritardi, stimati in una crescita dell’utenza “colpita” da ritardi dai 50.000 passeggeri giornalieri attuali ai 470.000 nel 2040.
La risposta necessaria ed urgente per affrontare situazioni attuali e prospettive future, sollecitata da tutti i soggetti del settore aviazione, comprende più azioni: il potenziamento fisico delle capacità aeroportuali con la costruzione di nuove infrastrutture e l’adeguamento e sviluppo di quelle esistenti (nuove piste, nuovi terminal, ecc.); l’innovazione tecnologica per la gestione degli scali e del traffico aereo sia in rotta, sia nelle modalità di atterraggio e decollo, sia nelle movimentazioni a terra; l’impiego di velivoli più adatti alla domanda da servire, ossia l’uso di aerei a maggiore capacità per garantire la necessaria offerta contenendo il numero dei movimenti sull’aeroporto e quindi raggiungere gli obiettivi di traffico con un minor numero di voli. Tutte azioni che, va sempre sottolineato, hanno anche grande valenza dal punto di vista della sostenibilità ambientale, perché un sistema più efficiente e adeguato, con l’eliminazione di colli di bottiglia, inefficienze, ritardi, ecc., significa riduzione dei consumi e delle emissioni e possibilità di una migliore gestione dell’attività aerea rispetto ai territori che ospitano le infrastrutture.
Inutile sottolineare quanto il nuovo appello rilanciato a scala europea debba essere ascoltato nel nostro paese, che ha un Piano nazionale aeroporti operativo (dal 2016) con importanti piani di investimento, ma che paga un’arretratezza pesante da recuperare, una lentezza esasperante nelle procedure e ha tutt’oggi il maggior divario nella dotazione di infrastrutture aeroportuali rispetto a tutti i principali paesi del continente (da oltre 40 anni in Italia non si costruisce una nuova pista). E naturalmente nello scenario nazionale l’appello dovrebbe risuonare particolarmente forte per la Toscana, regione italiana con il maggior divario tra domanda di trasporto aereo e capacità di risposta delle infrastrutture aeroportuali (per tutte le note vicende nostrane).
Uno scenario che dimostra ancora una volta la piccolezza e miopia (oltreché disinformazione) di chi ancora oggi alimenta polemiche nella questione aeroportuale della nostra regione: sia per le contestazioni all’adeguamento dello scalo fiorentino con la nuova pista, che invece risponde proprio alla soluzione di tutto il quadro di criticità funzionali, operative, ambientali e di capacità e quindi può essere considerato uno dei progetti aeroportuali europei più necessari e giustificati; sia per le polemiche (campanilistiche o di altra matrice) di chi ancora contesta la necessità di un vero sistema a due scali (dotati entrambi di piste e terminal adeguati e funzionali) tra Firenze e Pisa, che in realtà rappresenta un minimo indispensabile per rispondere alla domanda di traffico aereo della Toscana.
ACI Europe, la sezione europea di Airport Council International che rappresenta circa 500 aeroporti in 45 paesi del nostro continente, ha pubblicato i dati di traffico aereo relativi al 2017. Lo scorso anno i passeggeri sono cresciuti dell’8,5% sul 2016 (arrivando a oltre 2,1 milardi), i movimenti aerei del 3,8% (circa 25 milioni) e le merci dell’8,5% (circa 22 milioni di tonnellate). L’incremento passeggeri è stato più elevato per il traffico internazionale (+9,7%) rispetto a quello domestico (+5,5%). I dati confermano e rafforzano il trend di crescita del traffico aereo, ripartito ormai da diversi anni dopo le temporanee flessioni generate da crisi e eventi internazionali dei primi anni 2000 (negli ultimi cinque anni la crescita è stata del 30%). Tali numeri sono stati raggiunti nonostante un dicembre 2017 che ha risentito dei problemi di alcune importanti compagnie europee (la chiusura di Air Berlin e Monarch e la temporanea riduzione di attività di Ryanair).
Guardando alla suddivisione territoriale, la crescita passeggeri è stata maggiore per gli aeroporti dei paesi non-EU (appartenenti al continente europeo ma non parte dell’Unione Europea), quali Russia, Ucraina, Turchia, Islanda, ecc., che hanno raggiunto una media del +11,4%. Per i 28 paesi EU la crescita media è stata invece del 7,7%, con tassi più elevati per quelli emergenti o di più recente ingresso nell’Unione, quali Estonia, Romania, Ungheria, Malta o Cipro. La crescita del traffico passeggeri è stata diversa anche per i quattro gruppi di aeroporti entro cui ACI suddivide gli scali in base al traffico: +5,6% per il Gruppo 1 (scali con oltre 25 milioni di passeggeri); +11,3% per il Gruppo 2 (10-25 milioni); + 10,2% per il Gruppo 3 (5-10 milioni); +10,9% per il Gruppo 4 (meno di 5 milioni). Da segnalare la crescita del numero di scali entro il Gruppo 1, passati negli ultimi cinque anni da 14 a 24, comprendenti i più grandi hub europei, i principali aeroporti delle maggiori capitali, ma anche una meta turistica come Palma di Maiorca e città come Manchester e Barcellona.
I primi dieci aeroporti del continente europeo per traffico passeggeri nel 2017 sono risultati gli stessi del 2016: Londra Heathrow (78 milioni, +3%), Parigi Charles de Gaulle (69,5 milioni, +5,4%), Amsterdam (68,5 milioni, +7,7%), Francoforte (64,5 milioni, +6,1%), Istanbul Ataturk (63,9 milioni, +5,9%), Madrid (53,4 milioni, +5,9%), Barcellona (47,3 milioni, +7,1%), Londra Gatwick (45,6 milioni, +5,6%), Monaco (44,6 milioni, +5,5%), Roma Fiumicino (40,9 milioni, -1,8%).
Nel contesto europeo l’Italia, con una crescita del 6,7%, si è posta al di sotto della media continentale (+8,5%) e della media dei paesi EU (+7,7%). I primi dieci aeroporti italiani per traffico passeggeri compaiono nella tabella ACI Europe tra il 10° e l’85° posto: 10° Roma Fiumicino (41 milioni di passeggeri, unico scalo italiano nel Gruppo 1), 28° Milano Malpensa (22,2 milioni, Gruppo 2), 50° Bergamo (12,3 milioni, Gruppo 2), 55° Venezia (10,3 milioni, Gruppo 2), 58° Milano Linate (9,5 milioni, Gruppo 3), 60° Catania (9,1 milioni, Gruppo 3), 64° Napoli (8,6 milioni, Gruppo 3), 65° Bologna (8,2 milioni, Gruppo 3), 83° Roma Ciampino (5,8 milioni, Gruppo 3), 85° Palermo (5,8 milioni, Gruppo 3). Da segnalare che Napoli Capodichino, con un +26,6%, è risultato uno degli scali europei a maggio crescita.
Nella tabella ACI Europe 2017 l’aeroporto di Firenze, con 2,6 milioni di passeggeri registrati lo scorso anno, rientra nel Gruppo 4 e si pone al 129° posto (sui 242 scali riportati in tabella), con un tasso di crescita (+5,7%) di un punto inferiore alla media nazionale (+6,7%) e con maggiore distacco rispetto alle medie europee (il dato di Firenze deve essere letto tenendo sempre conto della situazione attuale dello scalo, unica a livello nazionale e internazionale, che non consente una normale evoluzione del traffico aereo e la gestione della reale della domanda di traffico dell’area fiorentina).
Commentando i tassi di crescita generali riportati nel Report 2017, destinati a proseguire e rafforzarsi, ACI Europe ribadisce l’appello esternato in ogni occasione da tutti gli attori del settore aviazione, rivolto ai decisori politici, dai governi centrali agli amministratori locali: la necessità e urgenza di adeguare la capacità del sistema aeroportuale europeo. La necessità cioè di realizzare o potenziare le infrastrutture di volo, soprattutto dove è maggiore il divario tra domanda e capacità di risposta, per supportare la crescita del settore aereo, che in Europa (dato ACI 2016) ha supportato 12,3 milioni di posti di lavoro e contribuito per 675 miliardi di euro al PIL (4,1% del PIL totale), ma anche per migliorarne la compatibilità ambientale eliminando i colli di bottiglia di scali carenti o non funzionali che generano ostacolo al normale svolgimento dell’attività aerea con ritardi, dirottamenti e impatti inutili, evitabili con strutture più adeguate.