11/3/2020 – Nel momento difficile che stiamo vivendo, in cui Governo e istituzioni tutte devono studiare e programmare da adesso ogni forma di ripartenza da lanciare appena ne saremo fuori (e l’Italia che per prima in Europa ci è entrata così pesantemente, per prima ne verrà fuori!), da ogni parte viene rilanciato con forza il tema dello sblocco delle opere pubbliche e delle infrastrutture, da sempre precondizione per crescita, sviluppo e occupazione e di per sé grande fonte immediata di posti di lavoro e quindi ovviamente ancor più vitali adesso.
Pare ormai condivisa la necessità di adottare una sorta di “modello Genova”, introdotto per ricostruire il ponte a tempo di record, che peraltro richiama altri dispositivi tentati in passato per rendere possibile anche nel nostro paese realizzare qualcosa (come dovrebbe essere in ogni paese civile), quando quel qualcosa è utile, necessario, studiato, progettato, valutato, approvato in tutte le sedi (responsabili e competenti), finanziato e, a volte, anche cantierizzato, proteggendolo da trappole burocratiche, giochi dell’oca, azioni da “guastatori” e azzeccagarbugli. Il Governo, con il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture e con il consenso generale ormai più o meno di tutti, sta lavorando in tal senso – lo sentiamo ripetere ogni giorno – per individuare cosa fare e come procedere.
In questo quadro non può non rientrare a pieno titolo la vicenda dell’aeroporto di Firenze e del suo masterplan, curiosamente “gemellato” in questo momento con la vicenda similare del masterplan dell’aeroporto di Salerno, entrambi basati sull’adeguamento delle piste di volo, entrambi indispensabili per creare i rispettivi sistemi aeroportuali regionali, entrambi finanziati, entrambi fermati alle soglie dei cantieri dopo aver completato tutti gli adempimenti richiesti ed ottenute tutte le approvazioni e autorizzazioni previste da tutti gli enti statali coinvolti.
Masterplan fermati da rilievi alle procedure della VIA per interpretazioni di passaggi normativi generate da singolari azioni mosse contro i due scali, ma che mantengono tutta la loro validità tecnica, non toccata dalle sentenze dei tribunali amministrativi: validità dei progetti, dei relativi adeguamenti delle piste e delle impostazioni di sistema in cui sono stati elaborati. Un concetto già ripetuto più volte che si deve continuare a ribadire. E parlando della validità dei masterplan dai quali si deve ripartire, ci sono aspetti delle sentenze che vale la pena evidenziare, ignorate nei commenti generali ma significative per rafforzare la giustezza di una ripartenza da quanto era previsto.
Per il caso di Firenze va ricordato che la sentenza del TAR della Toscana del maggio 2019, prima di sfornare il noto giudizio sulla procedura, non aveva accolto o non aveva proprio toccato molte delle contestazioni dei ricorrenti su vari temi che fin dall’inizio del percorso del masterplan erano state usate per le battaglie “contro”: dimensione di pista, orientamento, traiettorie, uso monodirezionale, incidenza dei venti, nuovo assetto dello scalo, dati degli effetti (benefici) ambientali, presunta mancanza di considerazione per soluzioni alternative o per l’opzione zero, richiami alla vecchia VIA del 2003, ecc. Ossia, le sentenze non avevano toccato l’ambito tecnico del masterplan, peraltro non di competenza di un soggetto quale la giustizia amministrativa.
Per Salerno la sentenza, anche in quel caso prima del giudizio sulla procedura, non accoglie varie ragioni di ricorso e in particolare presenta dei passaggi significativi anche in ottica toscana e delle polemiche inutili che hanno sempre animano la questione nella nostra regione. Il TAR campano infatti, pur ricordando come aspetti tecnici e scelte di assetti aeroportuali non siano di propria competenza, evidenza la validità dell’impostazione che prevede in Campania lo sviluppo di un secondo scalo regionale a fianco dell’aeroporto principale di Napoli Capodichino, come previsto nelle pianificazioni regionali e nazionali, e come la distanza tra i due scali (circa 70 km) non rappresenti impedimento al progetto, citando in supporto anche l’esempio delle altre principali regioni italiane che hanno già sistemi di due o più aeroporti commerciali, anche a distanze minori di quelle tra Napoli e Salerno.
Quanto indicato per la Campania non fa altro che ribadire l’evidenza lapalissiana che per fare un sistema aeroportuale servono prima di tutto gli aeroporti, quindi serve dotare di strutture adeguate (piste, terminal, ecc.) gli scali che lo devono comporre. E se va bene (giustamente) una distanza come quella tra gli scali di Napoli e Salerno, non può che andar bene quella (superiore) tra gli aeroporti di Firenze e Pisa (80 km), che possono tranquillamente coesistere ed essere debitamente potenziati in base ai rispettivi masterplan, peraltro rappresentando un minimo indispensabile della dotazione necessaria per gestire la domanda di trasporto aereo della nostra regione.
Tornando al pronunciamento su Salerno, è interessante anche il passaggio dove il TAR riconosce l’importanza per la regione dello sviluppo dell’aeroporto di Pontecagnano ricordandone l’inserimento tra le «opere indifferibili, urgenti e cantierabili per il rilancio dell’economia» nel decreto “Sblocca Italia” del 2014 e il riconoscimento come scalo di interesse nazionale nel Piano Nazionale degli Aeroporti in sinergia con Napoli (a condizione che si potenzi la pista, ossia che si attui il masterplan previsto) e come in tale ottica non sia considerabile un’opzione zero (non far nulla) né praticabili soluzioni diverse. Considerazioni perfettamente traslabili alla realtà toscana e all’aeroporto dell’area fiorentina, inserito esattamente negli stessi atti nazionali, naturalmente con le debite proporzioni di urgenza e importanza tra le due realtà aeroportuali e per i relativi contesti.
Inoltre per Salerno il TAR respinge la contestazione sollevata sulla validità del masterplan perché non rispondente alle previsioni di traffico successivamente indicate dal Piano Industriale della rete aeroportuale campana: il fatto cioè che il masterplan di Salerno sia stato basato su uno sviluppo fino a 1,9 milioni di passeggeri, mentre il piano regionale ponga per Pontecagnano una futura soglia tra 3,5 e 5 milioni, in aggiunta ai 12 milioni previsti per Napoli Capodichino, per una capacità del sistema campano che guarda ai 18 milioni di passeggeri.
Tale differenza non viene considerata ostativa verso l’attuale masterplan, in quanto i due atti riguardano ambiti differenti: il primo è un piano di interventi infrastrutturali (in primis con l’allungamento della pista, essenziale per costruire il sistema campano), basati su un proprio arco temporale e dimensionale; il secondo (elaborato successivamente al masterplan) è una pianificazione gestionale del sistema aeroportuale campano e del traffico, basato sui due scali strutturalmente adeguati e sull’integrazione societaria tra GESAC di Napoli e Aeroporto di Salerno – Costa d’Amalfi, concretamente attuata nel 2019.
Insomma, guardando alle due vicende di Firenze e Salerno è indubbio il peso delle sentenze emanate dalla giustizia amministrativa, che colpendo le procedure per ora hanno fermato la realizzazione dei masterplan. Ma data la validità di tali masterplan, che permane, l’importanza per i sistemi aeroportuali che vanno a costituire, la necessità e il consenso generale che li supporta, entrambi i progetti a questo punto potrebbero e dovrebbero essere considerati casi esemplari di opere da far ripartire al più presto. Ossia opere approvate, finanziate e quasi cantierabili (nel caso di Salerno la gara di appalto per la pista era già partita) da riavviare verso la fase realizzativa con commissari o qualunque altro accorgimento sia ritenuto utile per completare gli iter senza più sorprese.
E tra i due masterplan, non c’è dubbio che quello di Firenze sia il più urgente, necessario e giustificato, perché nel nostro caso non ci sono in ballo “solo” le esigenze di supporto alla ripresa, allo sviluppo e all’occupazione delle aree interessate e della regione (com’è per Salerno e gran parte dei progetti infrastrutturali), ma anche la necessità di colmare un gap aeroportuale unico, di rispondere alle esigenze di un traffico già esistente e soprattutto di perseguire le note finalità di risanamento ambientale e operativo d’interesse generale per cittadini e territorio su cui si basa la nuova pista del “Vespucci” e che in un paese civile dovrebbero poter prevalere su qualunque pasticcio burocratico e amministrativo.
Ci aspettiamo quindi che il masterplan di Firenze stia fin da subito sui tavoli nazionali assieme alle altre opere strategiche (anche toscane) e che il governo regionale attuale e prossimo, qualunque sia e magari (almeno in un’evenienza come questa) in modo bipartisan, lavori in tal senso, partecipando per quanto di sua competenza e possibilità alla costruzione dei provvedimenti che stanno per essere predisposti per la ripartenza del paese.
Speriamo comunque che la pista si faccia nell’immediato, se i Signori del Consiglio di Stato ritornano sui loro passi con buonsenso, oppure fra tre o quattro anni, ma si farà. Il Vespucci avrà il suo sviluppo.