2/11/2023 – Come già era accaduto per Venezia con il Governo Draghi e per Foggia con il Governo Conte, anche l’attuale Governo Meloni è intervenuto con proprio atto specifico per consentire l’attuazione di un intervento aeroportuale altrimenti bloccato o problematico. Questa volta il caso riguarda lo scalo di Milano Malpensa a fronte di un parere negativo espresso nell’ambito dell’ultimo decreto VIA sul masterplan.
Malpensa aveva da tempo in corso le procedure sul piano di sviluppo al 2035, contestato da alcuni comuni contermini e associazioni ambientaliste nella parte che prevede l’espansione dell’area cargo, un po’ per l’ampliamento del sedime in una porzione di territorio caratterizzato dalla brughiera entro l’area del parco del Ticino, un po’ per rivendicazioni sulla dislocazione di parte delle nuove strutture e relativi potenziali oneri. Dopo un periodo di sospensione e riformulazione di progetti e valutazioni, era stato raggiunto un accordo a livello regionale, tra gli enti locali, che confermava l’espansione dell’area cargo con una riduzione dell’estensione delle aree esterne al sedime.
Ma nel successivo decreto VIA, emanato nel giugno scorso, veniva dato l’ok al piano complessivo, indicando però come possibili per l’area cargo soluzioni scartate dai proponenti (SEA e ENAC) dopo ripetute valutazioni perché non rispondenti alle necessità e per problematiche nella gestione del relativo traffico e diverse da quanto scaturito dagli accordi a livello regionale. Soluzioni che di fatto impedivano gli sviluppi previsti per l’hub cargo.
Il Governo è quindi intervenuto con proprio atto che intende superare il “no” del decreto VIA su tale aspetto, chiedendo una nuova specifica fase valutativa per permettere la soluzione necessaria e funzionale. L’atto è stato inserito come emendamento al “Decreto Aria” dello scorso ottobre, in quanto la prevista espansione dell’attività cargo su Malpensa ha anche la funzione di permettere la movimentazione delle merci via aerea direttamente dall’area lombarda, eliminando un enorme flusso di traffico su tir per centinaia di chilometri verso i grandi hub aeroportuali europei, con evidente riduzione di emissioni inquinanti, ed anche per la strategicità del progetto, perché è in gioco il futuro del più importante hub merci italiano.
Il caso Venezia di qualche anno fa, invece, riguardava il progetto da 475 milioni del raccordo ferroviario di 8 km tra il terminal del “Marco Polo” e l’asse ferroviario Venezia-Trieste, che aveva avuto parere negativo dal CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) per l’impatto sul territorio, piuttosto consistente come per ogni opera ferroviaria, ma che il Governo (allora Governo Draghi) ha superato con propria decisione specifica in considerazione dell’importanza dell’opera e la strategicità del principale scalo veneziano, nominando anche un commissario per la rapida attuazione.
Ancora qualche anno prima, era stato il primo Governo Conte, con Ministro delle Infrastrutture Toninelli, ad emanare uno specifico dispositivo per consentire il finanziamento pubblico al potenziamento dell’aeroporto di Foggia, che per sue caratteristiche non avrebbe avuto titolo di avere, andato a buon fine con l’allungamento della pista a circa 2.000 m completato nel 2021 e l’attivazione di voli di linea dal quarto scalo commerciale pugliese.
Casi che dimostrano, ce ne fosse bisogno, di come i progetti si possano fare quando c’è la volontà di farli, e che se un’attenzione simile fosse stata sollecitata e adottata per il caso Firenze a fronte di stop procedurali a dir poco discutibili, magari oggi avremmo potuto avere la nuova pista in funzione e la questione aeroportuale fiorentina e toscana risolta…