È noto come i rilievi ambientali fatti periodicamente nelle aree aeroportuali e nei territori e aree urbane circostanti attestino una migliore qualità dell’aria proprio negli scali aerei e nei loro dintorni piuttosto che nelle strade cittadine. Questo è effetto della rilevanza ben maggiore degli impatti generati dalle normali attività presenti in qualunque ambito urbanizzato (traffico viario, impianti di riscaldamento, attività industriali) rispetto alle emissioni originate dalla presenza di un aeroporto ed è anche il risultato della “politica ambientale” portata avanti da tutti gli attori del trasporto aereo a livello mondiale (costruttori di aerei e motori aeronautici, gestori degli aeroporti, aziende di gestione del traffico aereo e così via) che ha permesso (e prosegue) una costante riduzione delle emissioni imputabili ad aerei e attività aeroportuali.
Un’ennesima conferma a questo stato di cose, evidenziato da qualunque valutazione in materia a livello mondiale, è giunta adesso da uno studio recentemente rilasciato dalla società di gestione dell’aeroporto di Londra Heathrow (che ha una sezione del proprio sito Internet dedicato a questi aspetti). I dati utilizzati, tradotti in un’eloquente mappa riprodotta qui sotto relativa alle emissioni NO2 (biossido di azoto, una delle componenti più significative prodotte dalla combustione), sono tratti dalla rete di monitoraggio nazionale gestita dal governo e dalle autorità locali.
La mappa mostra simboli rossi e verdi a seconda che le rilevazioni siano sopra o sotto i limiti di legge. Come si vede, la grande area urbana di Londra entro cui si trova Heathrow (24 km dal centro) è disseminata di punti rossi, a testimonianza di una criticità diffusa, mentre il sedime dello scalo aereo ha solo punti verdi, attestanti il rispetto dei limiti nelle emissioni. Gli unici due sforamenti (punti rossi) in prossimità dello scalo sono posizionati su un’autostrada (la M4) e su un’altro asse stradale. «Detto in un altro modo – evidenzia la società di gestione – anche se l’aeroporto venisse chiuso immediatamente, ci sarebbero ancora quei due sforamenti dei parametri». L’esempio londinese è particolarmente significativo perché rappresenta la situazione che caratterizza lo scalo più grande e trafficato d’Europa (oltre 73 milioni di passeggeri e 471.000 movimenti nel 2014) e conferma che anche in un simile scenario infrastrutturale e di traffico l’impatto sulla qualità dell’aria generato dall’attività aerea è relativo (minimale) rispetto alle altre fonti emissive presenti nel territorio e nell’area urbana, sulle quali occorre agire per un reale risanamento ambientale.
Lo scenario londinese è lo stesso che caratterizza nel nostro piccolo la realtà toscana nella quale, come ben noto, tutti gli studi fatti regolarmente dagli enti proposti hanno sempre mostrato e continuano a mostrare quadri simili, ossia livelli di inquinamento in aeroporto e nei suoi dintorni inferiori rispetto alle aree urbane e contributi emissivi dell’attività aeroportuale nei contesti analizzati poco significativi per tutti gli inquinanti misurati. Ciò vale per Firenze, nella situazione attuale dello scalo di Peretola e in quella prevista con la nuova pista (come ribadiscono gli studi della VIA in corso sul masterplan 2014-2029); lo stesso quadro caratterizza lo scenario di Pisa (anch’esso riconfermato dagli studi ambientali relativi al masterplan 2014-2028) rappresentativo in scala regionale della realtà toscana di maggiori dimensioni per infrastrutture, livello e tipologia di traffico, situata in estrema prossimità dell’area abitata cittadina continuamente sorvolata dai velivoli (soprattuto in decollo).
In sostanza, a Firenze come a Pisa, Londra o in ogni altra realtà aeroportuale, è doveroso monitorare le emissioni generate dalla presenza dello scalo e continuare a perseguire ogni possibile azione consentita dalle evoluzioni tecnologiche per contenerne gli effetti, ma la questione deve essere mantenuta nelle sue reali dimensioni e, in ottica di sistema toscano, “disinquinata” dalle strumentalizzazioni e distorsioni interpretative utilizzate (purtroppo ancora oggi) per alimentare l’opposizione ai progetti per lo scalo fiorentino.
Non credo che ci fossero stati dubbi che l’inquinamento degli aerei e’ solo una scusa, per coprire motivazioni che sono di tutt’altra natura.
Lo stesso vale per la scusa del parco. Se ne parla da 40 anni, ma in 4 decenni non hanno piantato neppure un fiore (a meno che uno consideri “I Gigli” dei fiori invece di un centro commerciale).
Sono stati creati invece accademie Carabinieri, campus universitari, ipercoop, insediamenti residenziali e commerciali, capannoni. Di tutto fuorche’ questo benedetto parco. Se domani decidessero di lasciar perdere l’aeroporto, su quella piana sorgerebbe solo ancor piu’ cemento. Credo che tutte queste scuse contro l’aeroporto esistono solo perche’ quella piana fa gola a chi ci vuole fare ulteriori speculazioni edilizie, altro che parco.
Il problema e’ che con una pista, poi intorno ad essa ci puoi fare solo un parco, ed e’ proprio quello che sotto sotto non vogliono.
Ve lo dicevo da mesi che non era ecosostenibile il vostro nuovo aeroporto…
Gentile Simone,
guardi, tutto quello di cui si sta parlando sui giornali in questi giorni è uno dei tanti pareri espressi sull’argomento (molti infondati e aprioristicamente contro l’aeroporto, in linea con un atteggiamento che varie istituzioni locali tengono da decenni e mantengono ancora oggi nei confronti dello scalo fiorentino). Argomenti che poi saranno valutati nel complesso per arrivare ad una decisione finale. Lo stesso parere ufficiale degli organi regionali, come ha precisato il presidente Rossi, sarà espresso nella Giunta. Dopodichè ci sarà il parere del Ministero dell’Ambiente sulla Valutazione di Impatto Ambientale.
Noi, avendo letto tutti gli atti di questo “affare” (e non ascoltando solo i “comitati contro” e i “contro” a priori), ribadiamo che l’intervento porterà benefici a tutta la piana, ai suoi abitanti ed alla comunità per il miglioramento della situazione ambientale (non ci saranno più persone disturbate realmente dal rumore, per esempio), la risoluzione di decennali problemi di sicurezza idraulica del territorio, senza contare naturalmente l’eliminazione dei problemi dell’aeroporto (con le attuali ricadute negative anche sull’ambiente per gli effetti delle disfunzioni operative della pista e dei continui dirottamenti) e l’enorme apporto all’economia toscana con la creazione di migliaia di posti di lavoro e nuovi investimenti da parte delle aziende.
Chi affronta la questione in buona fede e nell’interesse pubblico non può non vedere questi scenari positivi. Noi, tenendo al futuro e al benessere della nostra comunità, ci auguriamo che prevalga il buon senso e il progetto possa andare in porto.